Oltre i 70, tanto per l’Asiago quanto per Tampa Bay

Nell’azienda in cui lavoro stanno effettuando della manutenzione che mi ha concesso di stare a casa un paio di giorni, cosa a dir poco gradita ma pericolosa per la vastità di tempo libero a disposizione. Quando si presenta tale tempo libero, in periodi dell’anno freddi o comunque poco propensi a concederti giornate all’aperto in compagnia di bricolage o altro, tendo ad occupare le ore con un mix di cose utili ed inutili: lavori domestici intervallati da letture sulla criminalità organizzata; regolazione delle pastiglie della bicicletta mista a sterminio di cavallette adagiate su balconi in legno; immancabile lettura del quotidiano seguita dall’ascolto dell’ultimo album black che non si calcola nemmeno la madre di chi quell’album l’ha concepito. Ogni cervello umano macina, quello del sottoscritto fa fatica a rimanere in stand-by a fissare il soffitto o un inutile programma televisivo pomeridiano. Il pericolo del vasto tempo libero a disposizione arriva quando pronuncio tale frase: “Vado al computer a fare una ricerca”. Per chi la sente è una condanna, perché sta a significare che la mia latitanza potrebbe durare ore, giorni, settimane, forse mesi. In poche parole dovranno venire a prendermi, perché tali ricerche partono da una semplice base e finiscono con il prendere n^n strade secondarie. Alle volte mi fermo da solo, non capendo più dove cavolo mi trovo. Cose che ho già detto in passato ma sembra più che giusto ribadirlo, poiché chi proseguirà tale articolo troverà un piccolo delirio di una mente umana alla ricerca di un qualcosa di indefinito.

In questa occasione la ricerca voleva riguardare la ICE, lega in cui militano Asiago, Val Pusteria e Bolzano. Il fine era quello di produrre un secondo capitolo della rubrica “Vall(at)i di lacrime”, dedicata al percorso dei giallorossi in questa seconda annata nella lega, dato che il primo scritto batte già cinquanta giorni di vita. Contando che il grosso problema della formazione allenata da Tom Barrasso è la difesa, anche se tutto il resto dell’impalcatura è a dir poco piena di ruggine, sono andato a visionare i plus/minus dei rispettivi giocatori. Con poca sorpresa, veramente poca, ho notato che il secondo peggior giocatore dell’intera lega è un giocatore che ha avuto la C sul petto durante l’assenza di Magnabosco: Lorenzo Casetti, valore -16. Cosa sta a significare? Che con lui in campo è una condanna, un travaglio, una morte cerebrale. Non c’è un singolo giocatore dell’Asiago che viaggia con un plus/minus superiore allo zero, poiché a questo valore sono fermi Rapuzzi (che gioca sempre) ed altri elementi di contorno (non sempre utilizzati). Anche il Vienna è sulla stessa identica barca dei veneti, mentre il Graz, nonostante le dieci reti subite in più, ha dei giocatori con un +/- decisamente positivo. Cosa sta a significare? Probabilmente l’Asiago spalma la mediocrità della rosa in tutto il suo essere, mentre il Graz ha dei picchi più alti ma dei bassi molto bassi, tendenti all’abisso.

Arrivati a questo punto è sorto il problema, quello che ha fatto saltare il banco. Volevo continuare la ricerca prendendo i tiri subiti dai vari goalie di queste formazioni da bassa classifica, parametrare tutto con altri dati e cercare di trovare un punto, qualcosa su cui ragionare. Però, come qualsiasi portale poco rispettato e in cui le raccolte dati lasciano il tempo che trovano, si è incappati in qualcosa di grottesco: per i Capitals sono presenti solo i dati di Stefan Steen, quello che possiamo considerare il peggior goalie fino ad ora, però lo svedese ha giocato 19 delle 22 partite disputate dal Vienna. Le altre tre? Non è presente alcun dato, goalie fantasma, quindi non è possibile dedurre quanti tiri effettivamente ha subito nella sua totalità la squadra della capitale austriaca. Si ride per non piangere, ormai è una costante. Alla fine sono passatempi, trovano il tempo che trovano, quindi si finisce sempre a concentrare il tempo libero nello studio di ciò che succede oltreoceano. Traslando la ricerca in un altro Continente, vista l’impossibilità di farla in casa propria, sono andato a capire chi potrebbero essere le Vienna, Graz ed Asiago della NHL. La questione è un pelo differente dall’altra parte, perché essere in fondo ad una determinata classifica non sta a significare di essere una squadra scarsa.

L’occhio è caduto sui dati di quella che considero la franchigia più pazza ed esaltante dell’ultimo decennio: Bolts. Una società che, anche nelle avversità, sembra trovare sempre una strada di riuscita, atipica o impervia, per smentire tutti. E’ la squadra che ha subito più reti della Eastern Conference, ben 74 in 21 uscite, e con un back-up forzato che peggiore non si poteva trovare, solo Georgiev degli Avalanche para peggio di Jonas Johansson e tutti e due sotto il 90%. Lo svedese è il portiere che subisce più tiri nell’intera lega, 490 in 17 uscite contro i 435 in 15 di Blackwood degli Sharks, quindi oltre ad un pessimo portiere si trovano pure una difesa un filino poco protettiva. Quest’ultimo punto non deve sorprendere, il gioco dinamico ed offensivo di Tampa ha la grossa variabile del pericolo dietro l’angolo, e fa capire come certe banalità possono risultare delle solide verità in momenti del genere: Vasilevsky è Dio, cementifica e dona tranquillità al terzo difensivo; quando manca cade quasi il palazzo. Si può notare che l’unico difensore solido di questa prima parte di stagione, almeno per quello che possono dire le statistiche, è Darren Raddysh: con un contratto annuale sotto il milione fino al 2026, sembra essere l’unico in grado di bilanciare le linee in cui è presente. Gira prevalentemente con Sergachev, è la linea più usata con 9,4 minuti a partita, e pur subendo meno tiri di quanti ne producono realizzano veramente poco, poiché con loro in campo la squadra ha segnato 4 reti e subito ben 15 teghe. Raddysh gira pure 6,2 minuti a partita con de Haan, un’altra linea con valori positivi: 49 tiri fatti e 46 subiti; 115 tiri corsi fatti e 92 subiti. Gira poco anche con Hedman, nemmeno 1.8 minuti a partita, e pure in questo caso i valori sono positivi. Possiamo dire che uno dei difensori meno pagati, meno risonanti, è il solo che prova a dare una stabilità ad un reparto che sembra vivere di attuale anarchia, libertà di pensiero, spensieratezza. Prima di smettere con il puntare il dito contro il reparto arretrato dei Bolts, altro dato inquietante: è la quarta squadra che concede più tiri in porta dell’intera lega, dietro solo a Sharks/Blue Jackets/Canadiens, con ben 667 e quindi 31,8 a partita. Se noi andiamo a prendere i tiri concessi nella sua totalità, quindi compresi quelli mancati o bloccati, il conteggio sale a 1240. Decisamente inferiore a tutte le altre citate in precedenza, però spostandoci e guardando il tutto da un’altra prospettiva si può intuire un’altra cosa: se ne concedono molto meno nella sua totalità ma a livelli più o meno simili in porta, ciò sta a significare che proteggono male la gabbia. Vero, infatti quasi il 54% dei tiri che concedono agli avversari arriva nel range di Johansson, valore decisamente superiore a tutte quelle squadre nominate in precedenza: Blue Jackets 48%, Canadiens 51, Islanders 49,2 e i derelitti Sharks al 50,5. Per chiudere questo infinito blocco sul reparto arretrato, diciamo pure che è una delle migliori squadre in PK: 84,4%, valore molto alto. Ma come? Che diavolo sta succedendo? Contando che ha pure uno dei PP migliori della lega, vuol dire che in situazioni di parità numerica, a livello difensivo, concede troppo, veramente troppo. Infatti, in 5vs5, è la seconda peggior difesa della lega con 53 reti concesse. Peggio solo i famosi Sharks, fermi a 57.

E perché la consideriamo una squadra in grado di uscire e vincere pure in situazioni così atipiche? Il suo gioco, così debole dietro ma dinamico, gli permette di essere il miglior attacco della Eastern ed il secondo dell’intera lega, dietro quello degli inarrivabili Canucks. Una squadra pazza, una filosofia tutta loro, che quasi sicuramente gonfierà il petto una volta tornato il muro russo.

Scrivere un pezzo sul fantasy NHL e rendersi conto che è tutto inutile

Dovrebbero fermarmi quando mi saltano strane idee, specialmente ad un’etá non piú adolescenziale o in un cui viene consentito un po’ di tutto. Del tipo che dovrei trovare segnali lungo il percorso che vorrei affrontare, come quelli stradali per gli automobilisti. Dei piccoli avvertimenti in grado di farmi ragionare, non incappare nell’ennesima stronzata in grado di mangiare del tempo prezioso. Anche perché, alla fine dei conti, oltre a perdere tempo per fare qualcosa di effettivamente inutile, perdo altro tempo per scrivere questi brevi pensieri come critica al tempo perso per fare inutilitá. Un cane che si mangia la coda.

Maledetto me, sono incappato nel fantasy di ESPN. Mai fatto, mi sono sempre tenuto alla larga per evidente conoscenza del rischio. Ci sono dentro da un’ora ed il piccolo cervello che possiedo è giá flippato, finito in un’altra galassia di egocentrismo: “Datemi una squadra, fatemi fare il GM“. Per questo motivo mi ero sempre tenuto alla lontana da questo mondo: crea esaltazione e pur avendo mancato molte scelte che ti eri segnato ti consideri ugualmente una divinitá. Il gioco è anche simpatico: sei in una lega da dieci partecipanti, scegli in modalitá draft con tempo prefissato di scelta, hai un totale di ventidue chiamate, non ci sono grossi vincoli tranne i tre ruoli basilari. Una cosa, quest’ultima, che non ho apprezzato molto quindi sono andato a complicarmi la vita: almeno i quattro centri voglio che ci siano, un pelo di rispetto verso tale sport. Quindi, facendo tale scelta, mi sono ritrovato a prendere come primo centro Adrian Kempe. Ma come? Kempe? Sí, demonio il santo, perché le prime quattro scelte le ho spese per prendere roba di alta qualitá: Pastrnak, Kaprizov e Makar. Arrivato alla quinta scelta, si erano mangiati tutto: da Hughes a Petterson, da McDavid a loro madre santa. Con il passare del tempo e con estrema calma ho formato il quartetto di centro: il giá citato Kempe in un’ipotetica prima linea, Necas in seconda, Kopitar in terza ed il rookie Cooley in quarta. Difficili gli ultimi giri, poiché tanti di quelli che inserivi in lista venivano selezionati in precedenza, laaciandoti in braghe di tela. A seguire le ipotetiche linee offensive e difensive:

Kaprizov – Kempe (LAL) – Pastrnak

Panarin – Necas – Kreider

Strome (WSH) – Kopitar – Vrana

Arvidsson – Cooley – ?

Makar – Lindholm (BOS)

Heiskanen – Theodore

Orlov – Lindgren

Skjei – Krug

Il ? è nato perché si è optato nell’inserimento di un terzo portiere come precauzione: Markstrom dei Flames dietro ai due dei Bruins, Ullmark e Swayman. Ve l’avevo detto: c’è dell’esaltazione, viene da prendere in mano una vera e propria squadra. Scrivendo questo breve pezzo, cosí inutile e stupido, per qualche breve momento c’è stata della sana convinzione che si stesse scrivendo qualcosa di utile per qualcuno. Cosí non è, come non lo sono questi giochi. Detto ció, se seguirete questi consigli dormirete sicuramente sonni tranquilli: perderete, fallirete senza miseria ma con il sorriso in volto.

Quasi tre settimane di oblio per l’avvicinamento all’Olimpo

La prima metà di Ottobre è un periodo difficile, storicamente complicato per un appassionato medio e medio ignorante come il sottoscritto. E’ il periodo in cui, di prassi, inizia la stagione regolare della NHL. Il campionato più importante e ambito al mondo, quello dove trovi i dolci più buoni, quello in cui ogni squadra potrebbe dire qualcosa, bla bla e bla, ancora bla. Le solite menate, le solite frasi fatte per un prodotto che in Italia viene pubblicizzato quanto un paio di scarpe di un negozio nascosto dietro un angolo cieco di una città fantasma. Partendo da questo punto, quindi dalla presenza ma allo stesso tempo dall’assenza di tale lega nel nostro ampio palinsesto sportivo, i primi problemi sorgono dal cercare di capire come funzionerà il league pass ufficiale. Se in NBA sai cosa andrai a vedere, come lo vedrai e quanto esattamente dovrai sborsare, ogni anno l’appassionato hockeystico si ritrova in un limbo fino a pochi istanti prima dell’ingaggio iniziale. Diciamo che la promozione delle alte cariche d’oltreoceano non è da copiare, basterebbe seguire conversazioni sul forum di HFBoards per capire quanto la tendenza autodistruttiva sia presente in ogni angolo del mondo. Si potrebbe finire a parlare delle disastrose app nelle varie piattaforme, della visione in differita con nessun taglio ed un polpettone di più di tre ore in cui bisogna lavorare di fino, dell’evaporazione di certe partite per qualche accordo terzo, dell’incapacità di capire se l’anno successivo potrò usare ancora quella piattaforma o sarà trasportato tutto in qualche app thailandese. No, vi basti sapere che è sempre un casino. Ci sono dentro da più di un decennio e peggiora sempre di più, conviene quasi spendere 600 sacche per farsi il pass stagionale della ICE. L’esagerazione, questa bella bestia.

Tante critiche, noi umani siamo stupidi e grandi produttori di critiche per alimentarci, però quando il primo disco tocca il ghiaccio tutto evapora. L’amore prevale, l’interesse esplode: “Bedard ha già fatto goal? Cooley ci sta come secondo centro ai Coyotes? Kane è ancora senza casacca? Panarin si è rasato. Pinco pallino esploderà”. Così è, così sarà per sempre: la passione non si comanda. Ma cosa si cerca nelle prime battute di una stagione? In un sport come l’hockey su ghiaccio, contando pure la vastità delle squadre presenti in NHL, è difficile trovare lo stesso attaccamento che si può trovare con sport in cui i giocatori in campo sono molti di meno. Ognuno cerca di fare il suo piano, ora provo a spiegare in pochi punti quello che cerca di fare chi sta battendo a tastiera nelle prime battute di una nuova stagione regolare:

Si accetta tutto ciò che arriva

Questo è un punto molto importante, pur semplice, che denota quanto non si deve partire con paletti o prevenuti. Sappiamo tutti che ci sono squadre di alta fascia e squadre di bassa fascia, però nella cultura sportiva americana quelle di bassa potrebbero essere nel bel mezzo di un’interessante ricostruzione. Prendete l’esempio dei Red Wings attuali: nessuno pensa possano vincere la Stanley, però in queste prime partite stagionali stanno giocando veramente bene e sono passati dall’essere uno dei peggiori ad uno dei migliori attacchi della lega. Dati provvisori, siamo proprio all’inizio, quindi dando il giusto peso a tutto ciò sarebbe giusto dare il giusto peso, quindi nullo, al partire prevenuti contro determinate squadre. Accettate tutto, guardate.

Inizia l’affinità con qualche squadra in particolare

Di solito mi arriva dopo un mese, necessito di seguire con relativa costanza un determinato progetto annuale. E’ come se ti rendesse più partecipe, al posto di seguire tutto ma senza alcun tipo di interesse effettivo. Stranamente, non accade spesso nel personale caso, già dopo una settimana si è creata una sintonia con i Coyotes. Niente di estremo, come invece potrebbe essere stato quello con Jeff Skinner e gli Hurricanes di molti anni fa, ma partendo dalla visione del giovane Logan Cooley mi sono trovato di fronte una squadra molto interessante. Farà i buchi quest’anno, sono in piena ricostruzione, ma le partite viste mi hanno divertito e non poco: gioco propositivo, girano sempre veloci, hanno molti giocatori di cui apprezzo il bilanciamento fisico. Squadra da evitare nei back-to-back, poiché girando con costante velocità nelle seconda uscite sicuramente peccheranno di qualità ed interesse.

Il succo della conversazione è banale: visionate le partite, non andate solo di condensed.

NHL, batti un colpo europeo

Nelle ultime quarantotto ore ho passato gran parte del tempo disteso in un lettino, sotto un ombrellone, lungo la spiaggia di una nota zona balneare del nord est italiano. Il tempo passa, le letture abbondano, le natiche formano solide conformazioni su tessuti terzi ed il sole picchia in testa senza sosta. Questi raggi, piú nemici che amici, misti all’infinitá di tempo disponibile, ti portano ad aprire cassetti che dimentichi di aprire durante normali settimane lavorative. Oggi, dal nulla, mi è tornata alla mente una semplice domanda:

Come faró a vedere la NHL che inizierá a breve“?

Bella domanda, difficile risposta. Essendo rimasto alla notizia di un cambio di diritti per il Vecchio Continente, con un ritorno al game center della lega e non piú ad ESPN+, pensavo di trovare un dettagliato piano di acquisto vista l’apertura della pre-season nel giro di due settimane. Nada, nisba, risulta impossibile trovare degne notizie in merito. L’app della NHL offre error404 come noccioline, nessun portale è in grado di offrirti informazioni sul come devi procedere. Se non sai nemmeno il come, figurati se puoi scoprire il quanto pagherai per avere il servizio. Dispiace, perché un ritorno al passato credo sia una nota positiva: il servizio fornito da ESPN, almeno nel panorama europeo, lasciava vari dubbi e molti punti di domanda in quanto a fruibilitá del prodotto. Forse la memoria inganna, il tempo leviga ricordi senza un senso logico, ma pure la piattaforma ufficiale era diventata difficile, del tipo che le partite venivano caricate a blocchi interi, comprese pause e pubblicitá, tanto da far venire il nervoso ad ogni interruzione e conseguente avanzamento del video. Peró, come detto, forse la memoria inganna. Certo è che la NHL non sembra preoccuparsi molto di come propone il prodotto fuori dal confine d’oltreoceano, alle volte sembra seguirlo con cura ed altre volte no, come in questa mancanza di informazioni cosí importanti per il malato medio europeo.

In un’epoca in cui il denaro regna sovrano, fa strano vedere che un mercato cosí grande non ha ancora comunicato quanto dovrai pagare per il tuo atto d’amore.

Udine come Minneapolis, pronta per il Winter Classic

Non c’è tanto da sottolinearlo, è praticamente una legge non scritta, ma con l’avvento del nuovo anno arriva pure il Winter Classic della NHL. Lo si potrebbe paragonare alla particola che viene data in luoghi religiosi: lei si presenta, ti viene proposta e sei te a decidere se prenderla o meno. Questo evento sportivo è visto da alcuni come un qualcosa di divertente e da altri come un qualcosa che rovina il pacchetto. Viene sempre da chiedersi perché un qualcosa di così caratteristico possa risultare brutto, poco appetibile, ma al mondo esistono pure persone che considerano gli arachidi per nulla mangiabili. Come esistono le persone che mangiano la particola e quelle che non la mangiano. Poi ci sono quelli che nemmeno vogliono vederla la particola, perché impegnati a vedere il Winter Classic. Eccomi, presente.

Come ogni dodici mesi, anche se questa pandemia ha leggermente sfalsato i tempi e le routine, mi avvicino all’evento in un modo ben preciso: fino ad una settimana prima non ne voglio sapere nulla, evito di informarmi pure sulle divise che utilizzeranno; nei primi giorni dell’ultima settimana mi avvicino a gattoni, creando un quadro d’insieme ed informandomi il giusto; a tre giorni dall’evento inizio ad essere tedioso, trattando l’argomento con qualsiasi tipo di persona che incontro, ignara di cosa sia l’hockey stesso; il giorno dell’evento, massimo quello prima, recupero qualcosa del passato sull’argomento. Quest’anno, andando fuori dagli schemi, ho recuperato l’Heritage Classic del 2003. Quindi sono andato molto indietro nel tempo, perché il WL esiste dal 2008. Perché quella partita del 2003? Fu la prima volta in cui la NHL, ispirata da una partita del college, decise di far disputare una gara della regular season all’esterno. Al Commonwealth Stadium di Edmonton, con temperature vicine ai -20°C, gli Oilers ospitarono i Canadiens. Prima della partita vera e propria, nel pomeriggio venne disputata una sfida tra vecchie glorie. Al suo interno, come si può ben intuire, c’era anche Wayne Gretzky: ritiratosi da quattro anni, tornò ad indossare la maglia degli Oilers dopo ben quindici anni.

Wayne Gretzky, 42enne in quel 2003, al primo evento esterno della storia della NHL

Visto con l’occhio di vent’anni dopo, quell’Heritage Classic del 2003 non trasmette molto. Mi spiego: all’epoca, essendo stato il primo, aveva catturato l’interesse di tutti, mentre ora, con un’infinità di WL, Outdoor Series, ecc visionate, è difficile provare interesse per quel tipo di spettacolo. Arduo andare oltre i primi 20′ di gioco, a meno che non si voglia percepire il freddo dell’epoca e le bestemmie dei giocatori per il freddo stesso. Per i primi 5′ di gioco, la CBS aveva cercato di cambiare angoli di camera, seguendo la partita da bordo ghiaccio e con le riprese ad altezza balaustra. Un vero disastro, non si capiva nulla di quanto stava succedendo e non riuscivano a seguire bene il disco, pur essendosi presentato un ritmo di gioco non molto dinamico. E’ imbarazzante, quasi vergognoso, provare questo tipo di pensiero: in quel ghiaccio c’erano Saku Koivu, Ryan Smith, Andrei Markov e Shawn Horchoff, tanto per citarne alcuni. Vere e proprie leggende, trattate come pezze da chi sta scrivendo, per il semplice motivo che la velocità di gioco del giorno d’oggi fa risultare noiose gare di vent’anni fa. Dannata velocità, dannata evoluzione, dannata incompetenza di chi scrive.

Ora, giusto per demoralizzarvi, provate a spostare tutto quanto nella bella penisola italiana. Immaginatevi di organizzare lo stesso evento, nello stesso giorno, diciamo ad Udine. Perché la città friulana? Minneapolis, dove verrà disputato il WL del 2022, risulta essere la 46a città più grande degli USA; Udine, con i suoi 98.156 abitanti, è la 46a più popolata d’Italia. Un paragone che regge, non vedo alcun tipo di problema. Come stadio prendiamo la Dacia Arena, con i suoi 25.000 posti a sedere. Nel mezzo facciamo il ghiaccio e poco altro, anche perché lo spazio è contenuto e sarebbe come voler mettere quattro lavatrici in uno sgabuzzino. Lo show sarebbe caratteristico, su questo non ho alcun tipo di dubbio, ma ci sarebbe un problema: la disponibilità di fare un evento il primo dell’anno. Con la mentalità italiana, nonostante la grande disponibilità mediatica, salterebbe tutto. Ve lo immaginate un Cortina vs Fassa ad Udine?

Il delirio di un appassionato intenditore di shampoo d’oltreoceano

Con delle cuffie Sennheiser a coprirmi le orecchie e della gradevole aria in entrata da una finestra leggermente aperta, spulcio dati hockeystici come se non ci fosse un domani. Tra Corsi, Fenwick, heatmap, expected goals e quant’altro, perdo ore e diottrie in attesa dell’avvento della nuova regular season della NHL. Si tratta di un rituale, una routine per entrare in clima come quando si chiude con veemenza una carica in balaustra. A fine ricerca, che potrebbe durare anche giorni, mi sento così sicuro di conoscere determinati giocatori che potrei dirvi anche il PIN del bancomat. Tanto per dire, vista la dedizione messa nello studio, anche se prontamente distrutta ed annientata alla prima uscita stagionale: un plus/minus al limite dello scempio, nessuna carica chiusa e posizionamenti sbagliati da parte di un qualsiasi giocatore che credevo la sorpresa nel gioco two-way. Lancio fogli, perdo interesse nella ricerca, distruggo ogni mia più ferma convinzione e decido di seguire le partite come un normalissimo spettatore di fronte ad una puntata della D’Urso. Pochi giorni e poi si riparte, convinto di far collidere i numeri, per poi cadere nell’oblio. Così, all’infinito. Sempre la stessa storia, sempre la stessa passione.

Una foto qualsiasi, senza alcuna pertinenza, giusto per far vedere qualche numero (tratto da: cbssportspicks.com)

Credo sia arrivato il momento di dedicarsi ad altro, analizzare certi aspetti del gioco di cui non si tiene traccia. Non ha più senso stare ad analizzare ogni minimo dettaglio del gioco all’interno del ghiaccio, anche perché poi arriva il Kucherov della situazione e ti smonta la baracca con all’interno la moglie da poco sposata, quindi sarebbe ora di analizzare qualcosa che succede fuori. In questo momento di fervida immaginazione, propongo qualcosa per cui varrebbe la pena prendere degli insider:

  • Quante volte un giocatore gira la stecca tra le proprie mani mentre è seduto in panca
  • Quante volte un giocatore muove la bocca mentre si trova seduto in panca puniti
  • Quante volte un giocatore chiede supporto all’equipment manager per tornare ad avere il miglior prodotto da gestire sul ghiaccio
  • Sempre parlando dell’equipment manager, in quante di queste volte viene chiamato da un difensore o da un attaccante
  • Quante volte, in diretta nazionale, i giocatori guardano Pierre McGuire nello spazio che occupa tra le due panchine
  • Quante volte un determinato giocatore si trova seduto vicino ad un compagno che non fa parte della propria linea, facendo una proporzione tra le volte in cui si trova nel posto giusto e quante no

Potrei andare avanti per ore. Mi fermo. Sono idee, stuzzichini per un tifoso così ossessionato dal dettaglio che vorrebbe sapere pure quante volte il proprio idolo usa un barattolo dello shampoo. Sta tornando la NHL. Salvatemi.

Il volo d’oltreoceano tra Upper, Lower e */’^% limit

Di base, in questo periodo dell’anno sono già immerso nel mondo hockeystico e la cosa non sempre mi è andata a genio. Devo essere onesto: fino a quando la temperatura non mi impone di tirare fuori un pile, la voglia di hockey su ghiaccio non è che suona con insistenza il campanello di casa. Può essere stupido, altezzoso e poco professionale, ma di questa professione non ne faccio un lavoro quindi frega poco di tale concetto, però resto dell’idea che svariati mesi dell’anno non hanno bisogno di tale sport. “Siamo a metà Luglio e mi manca il suono delle lame sul ghiaccio“. Vai in un palazzetto, fatti una pattinata con il ghiaccio che cede dopo trenta secondi. Che poi quest’anno l’estate è stata atipica, perché abbiamo potuto assistere a dell’hockey giocato. Voi, io poco. Non sono stato in grado di offrire molta attenzione ai PO d’oltreoceano quando fuori vedevo anziani morire di asfissia o giovani baldi corridori produrre sudore come fossero grondaie. Tornando al concetto iniziale, questo periodo è sempre quello in cui inizio ad avvicinarmi con insistenza e la voglia di informarmi sale a livelli poco contenibili. Il problema è che di base ci sono partite in corso, quindi la possibilità di recuperare e studiare con calma dati non viene fatta con la giusta attenzione. E’ una continua corsa al recupero: “Chi è quello? Che contratto ha firmato? Da che college viene? Da che trade è arrivato? Di che colore ha i capelli sua moglie?”. Ora, in questo atipico arco che passa da Novembre a Dicembre, si ha la possibilità di disporre le carte sul tavolo e leggerle con assoluta calma.

Indi per cui, siamo a fine Novembre e mi è venuta una voglia matta di analizzare le situazioni salariali della varie franchigie. Ho sempre avuto questa ossessione di analisi extra ghiaccio, cercare di capire come ragiona una franchigia e capire il motivo per cui un giocatore come Joe Thornton non si è ancora ritirato. Scherzo, lunga vita a JT. Le ricerche che effettuo non seguono un iniziale filo logico, lo trovano strada facendo, però parto sempre da un punto fermo: la schermata riguardante i salari delle varie franchigie. Direte: “Diamine, stai studiando quell’ambito, mi sembra normale”. Non avete tutti i torti.

Foto tratta da fearthefin.com (blog degli Sharks nel portale SBNation)

Amando il sistema sportivo americano, fatto di incroci contrattuali e progetti a lungo termine di una certa complessità, non si può non essere attratti delle ruote del carro. Studiare gli attuali relitti, che nel giro di qualche anno potrebbero essere pepite d’oro, è una delle cose più affascinanti che si possono fare fuori dal ghiaccio. Prendiamo ad esempio i New Jersey Devils, la terza peggior squadra della passata Eastern Conference e con all’attivo una sola partecipazione ai PO (con uscita al primo turno) negli ultimi otto anni. Novantasei mesi di ricostruzione sono tanti, però tutto può avere un senso, anche se in casa Devils, nel corso degli anni, le cose sembrano essere sfuggite di mano, poi riprese, poi sfuggite di nuovo: l’addio di un pilastro come Parise, il ritiro di Elias, la voglia matta di Kovalchuk (pesa ancora a salario, in minima parte fino al 2024, per via del buyout), alcune scelte che si sono rivelate sbagliate (Schneider, un altro a cui è stato offerto il buyout), ecc. In molti mettono dentro anche la trade fatta per portare a Newark P.K. Subban, ma in questo caso non mi trovano dalla stessa parte e provo a spiegarne il motivo: il ragazzo era in fase calante, vero, però dobbiamo conteggiare il fatto che una franchigia deve arrivare ad un lower limit per quanto riguarda il tetto salariale, quindi in una situazione di rebuilding è più che accettabile e normale offrire scambi, contratti e quant’altro dal dubbio senso giusto per riempire il cap. Capisco che per un abitante europeo è un qualcosa senza senso, viviamo il rapporto tra sport e business in modo del tutto diverso, però questo lato è uno di quelli più belli del panorama americano. Perché? Si può notare come una franchigia è in grado di risorgere dalle ceneri. Da queste ceneri i Devils stanno cercando di uscirci, un passo alla volta, e con il 51×7 offerto a Nico Hirschier hanno lanciato il primo amo a lunga gittata. Con il pay-roll più basso della lega, 17 milioni sotto l’upper limit ma con ancora sette posti liberi a roster, sinceramente non mi è ancora chiaro cosa vorranno fare nel prossimo futuro: abbiamo già parlato di Hirschier, però tutti i contratti avranno una scadenza massima nel 2023. Il macigno di Subban, che pesa 9 all’anno, andrà in scadenza nel 2022 e con lui ben altri sei giocatori: Hughes (uno che dovrai pagare profumatamente), Crawford (uno che lascerà, quindi dovrai andare a scovare un back-up, avendo già ora 35 anni ed innalzando molto la media), Zacha (un altro che dovrai prolungare e pagare una cifra più che giusta), Butcher (un altro che dovrai pagare il giusto). Al termine della stagione che a breve partirà andranno a scadenza tutti gli altri: da Gusev al pilastro storico Zajac, dallo scorer Palmieri al solido Murray appena arrivato dai Jackets. Cioè, capiamoci: le strade per questi Devils sono molteplici e non mi stupirebbe smantellassero tutto, ripartendo da quasi zero. Quello che non me lo fa pensare è la firma di Hirschier, perché va bene che i soldi sono i soldi, però uno sportivo è di base competitivo ed essendo il primo tassello atto alla ricostruzione (così era quando fu scelto nel 2017) sarebbe triste rendersi conto che non lo eri per nulla e che ora ripartirà tutto da capo, non facendoti amare la competizione perché continuerai a tankare o simile. Esistono le trade, per carità, ma mandare via un Hischier da poco firmato, metti caso nel 2022, sarebbe un estremo fallimento dirigenziale decennale.

Situazione contrattuale dei New Jersey Devils alla fine del Novembre 2020 (spotrac.com)

Se a studiare gli attuali relitti si trova soddisfazione perché si cerca di capire come faranno a tornare in cima, altrettanto affascinante è studiare la posizione di chi sui gradini del podio si ritrova in questo preciso momento. Alle volte è ancora più affascinante, perché sembra di offrire una sfida: “Riuscirai a stare in quella posizione? Cosa farai per starci? Che programmi hai? Quanto pensi di starci e, se vorrai starci un paio di anni, dopo cos’hai in mente per ricostruire?”. Di base lo sport americano ti impone il concetto fisso della ricostruzione, perché è difficile rimanere costantemente ai piani alti e sempre competitivi. Devi inanellare una serie di botte di culo, concedetemi la spinta verbale, che ti permettano di essere in grado di creare un piano vincente anche nelle difficoltà. Guardate gli Spurs nel basket, per dire. Detto ciò, chi può essere una squadra che è da tanto tempo ai piani alti e che prima o poi dovrà scendere? Tampa Bay Lightning, i campioni in carica. Loro sono stati un chiaro esempio di come una perfetta ricostruzione può portare all’apoteosi, anche se dopo alcuni fallimenti e passi falsi: indimenticabile il lavoro di Steve Yzerman come GM, dal 2010 al 2018, che ha lasciato al suo successore un albero di natale perfetto da abbellire con alcune sciccherie. Ora, essendo una delle squadre più grosse del panorama, si ritrovano a gestire dei contratti pesanti e devono fare i conti con dei problemi che le altre squadre pagherebbero pur di averli. Prendiamo il caso Tyler Johnson, una stagione sottotono ma un attaccante da 25 reti a stagione: il suo contratto scadrà il 2024 e per liberare spazio salariale, essendo due milioni sopra l’upper limit e con ancora quattro slot da riempire, i Bolts stanno cercando in tutti i modi di tradarlo o tagliarlo. “Un problema che vorrebbero avere le altre squadre” è un must per chi è sul podio: hai troppo, paghi tanto, hai alti dividendi, il livello dei giocatori è alto ma qualcosa, nel bene o nel male, sei costretto a tagliare, lasciare per strada. Il rinnovo triennale di Mikhail Sergachev lo prendo come esempio per un altro motivo: un difensore del genere, così dotato tecnicamente, in una squadra in ricostruzione si sarebbe portato a casa un contratto da sette o otto anni. Nei Bolts, dove è una pedina come le altre, ha firmato per un 3×14,4. Il problema delle squadre con un “attuale” status da big, è che a roster hanno i pilastri e i lori mastodontici contratti: Vasilevski fino al 2028, Kucherov fino al 2027, Stamkos fino al 2024, Hedman fino al 2025, McDonagh fino al 2026. Potete capire che, nel caso andasse male qualcosa, infortuni o altro, il castello di carte cadrebbe e sarebbero cazzi amari. Per questo motivo spulcio sempre come queste franchigie sono messe a scelte future. Di base, per mantenere un determinato livello, le squadre spendono picks pur di arrivare a dei giocatori in grado di mantenerlo quel livello. Se andiamo a vedere la situazione dei Bolts è perfetta: hanno tutte le picks da qui al 2023, tranne la seconda del 2021 e per il settimo giro, sempre del 2021, ne possiedono ben tre, per quel poco che possono valere.

Fonte: capfriendly.com

La FISG in LTIR

Vi avviso che quanto andrò a scrivere potrebbe provocare emicranie sia al lettore che allo scrittore. Un’emicrania che potrebbe colpirci in corso d’opera e non lasciarci per svariati giorni, causandoci problemi di vario tipo tra cui il seguente: trovarsi lungo una tangenziale, alle due di notte, senza sapere il motivo per cui ci si trova in quel preciso punto, in quel preciso momento. Da soli, senza un cellulare e con tutti i lampioni spenti.

Partiamo da una premessa. Nella penisola italiana, se parliamo delle regole dell’hockey su ghiaccio, ogni anno ci troviamo a fare i conti con un regolamento modellato in base all’evidenziatore: questo colore per dire che la regola è cambiata, quest’altro colore per dire che potrebbero cambiarla a loro piacimento, quest’altro ancora per dire che vi stanno prendendo per i fondelli. Una farsa, bella e buona, e da qualche anno la farsa è diventata internazionale vista la nascita della Alps Hockey League. Quindi, a conti fatti, è normale che non si possano richiedere delle cose a queste illustri menti: uno schema ben preciso del campo da gioco, delle nitide regole per i contratti, dei precisi chiarimenti sulle chiamate arbitrali, ecc. Figuriamoci poi se si volessero sapere capitali societari, contratti dei giocatori, liste infortunati, schemi di gioco e quant’altro: risulta più facile trovare l’acqua su Marte o andare sulla Luna con un biglietto low-cost.

Oggi, con molta calma e semplicità, cercherò di spiegare, anche a me stesso, il termine LTIR presente nell’hockey d’oltreoceano. Non è un termine che si trova nel CBA (contratto collettivo) della NHL, però viene utilizzato da cani e porci in modo ufficiale quindi prendiamolo per buono. Cosa sta a significare? Long term injured reserve. In poche parole, a soldoni, quando un giocatore si disintegra fisicamente, direi anche a livello mentale, e si trova costretto a restare lontano dal ghiaccio per un periodo non breve, la società lo può inserire in una lista riguardante infortuni di lunga durata e differente da quella riguardante gli infortuni di breve durante (la IR, injury reserve). Vi siete già persi? Tranquilli, siamo solo all’inizio. Andrà sempre peggio. Detto ciò, qual’è il punto fondamentale affinché una franchigia possa utilizzare la LTIR e perché dovrebbe utilizzarla?

  • La società deve dimostrare che il giocatore non potrà giocare per un minimo di 24 giorni lavorativi ed un totale di 10 partite. Non a caso, non per un errore di tastiera, ho sottolineato l’ed perché nel contratto collettivo le due opzioni sono complementari. A quanto pare, se resti fuori 25 giorni ma in quel periodo avresti giocato 9 partite, non puoi essere inserito nella LTIR
  • Le franchigie la utilizzano per permettersi di chiamare a roster un giocatore in grado di sostituire quello infortunato. Non parto già con degli esempi, vi lascio ancora del tempo per respirare e fare testamento

Nel nostro bel paese avrebbero perso dodici giorni solo a scrivere questa regola, figuratevi poi a capirla. Il problema è che, pur con dovizia di illustrazioni, la LTIR è un aspetto così complicato delle negoziazioni della NHL che è quasi impossibile regolarlo a prova di frode. Qualcuno riuscirà sempre a fare il furbo, a trovare il cavillo, come è sempre successo quando c’è di mezzo il salary cap.

Aspetta, aspetta. LTIR, infortuni, 24 giorni lavorati, l’ed sottolineato: fino a qua ci siamo. Ora, un attimo, che diavolo è questo salary cap?

E’ vero, mea culpa. Torniamo nel nostro bel paese: siamo abituati a vedere lo sport, qualsiasi esso sia, come un gioco vero e proprio e senza badare alle spese. Critichiamo, alziamo la voce, ci vergogniamo di quanto prendono determinati giocatori, ecc. Non ci chiediamo mai quanto sia lo stipendio di un giocatore, quanto incide sul bilancio e quant’altro. Gli americani saranno anche stupidi, infantili, con sei AK-47 sotto il letto, ma alcune cose di spessore le fanno. Il salary cap, detto terra terra, è il tetto salariale con cui una società deve fare i conti: da regola ha un max di X ed un minimo di Y; se passi X ad ogni dollaro in più ne paghi uno supplementare, quindi è come andare al supermercato prendendo un Kit Kat ma pagandone due, due Kit Kat ma pagandone quattro, ecc. Basta, non dico altro. Non vi capite, fatti vostri. Sentite, è già tanto mi sia lanciato anche in una spiegazione a prova di idiota su questo tema. Accontentatevi, altrimenti aprite un libro e studiate, ho dei broccoli da scaldare e sto dilapidando preziosi minuti.

Tornando alla questione LTIR, pur avendo mille varianti (attuato durante il training camp, attuato l’ultimo giorno di mercato, attuato l’ultimo minuto dell’ultimo giorno di mercato, attuato il primo minuto dopo l’ultimo giorno di mercato e via così con la precessione) mi voglio soffermare alla base, giusto per fare capire il concetto. Il LTIR è molto utile quando si sta giocando con i massimale del tetto salariale, quindi quando un giocatore infortunato deve essere sostituito oltrepassando quel valore. Andiamo subito di esempio pratico, con spiegazione al seguito, altrimenti finiamo in una palude in cui non saremmo più in grado di uscirne

  • A metà stagione, in una fredda sera di inizio Gennaio, si rompe il tallone d’achille mister X. Sul tetto salariale mi pesa con un annuale pari a 1 milione di $ (escluse tasse; anzi, facciamo finta che non ci siano altrimenti finiamo veramente nella palude), quindi il peso non è per nulla elevato
  • Questo mister X, oltre ad avermi messo nella merda pur essendo un quarta linea e con pochi punti nelle mani, mi crea il buco a roster (che deve essere di 18+2 goalie a match, di 23 non a match, di 90, se non ricordo male, a “pescata totale”) che devo coprire
  • Mettiamo caso che, anche per comodità di spiegazione mia, la società non voglia effettuare trade per compensare la perdita (dopotutto si trattava di un quarta linea) e decida di affidarsi ad un prospetto accantonato in AHL. Deve chiamarlo su, grazie a quei contratti two-way che firmano tutti i giocatori umani e non marziani
  • Forniamo dei numeri, ipotizzati. Massimo salariale: 70M$; monte ingaggi della società: 70,5; contratto giocatore infortunato: 1; contratto chiamato dalla AHL: 750.000$

Attenzione. Adesso arriva il momento topico, quello per cui è stato scritto questo articolo. Quello che, una volta spiegato, vi farà dire: “Beh, dai, pensavo peggio”. Sì, vero, pensavi peggio, certo. Il problema è che si tratta della punta dell’iceberg, perché se mi fossi messo a spiegare per filo e per segno qualsiasi tipo di variante mi avrebbero trovato vagabondare per disperse autostrade come Forrest Gump.

  • Come società sto andando oltre il massimo salariale, pagando 70,5M$, quindi non potrei mettere sotto contratto altri giocatori. A causa dell’infortunio a lunga durata di uno a roster, che mi pesa sul monte salari con 1M$, posso mettere quest’ultimo nella LTIR ed avvalermi della detrazione. Quest’ultima diventa una cosa teorica, atta a farmi mettere a roster un altro giocatore, perché a bilancio è come se andassi a 71,25 e non a 70,25. Mi spiego a conti: 70,5-1=69,5 (scendo sotto il tetto salariale, quindi posso avvalermi della LTIR, altrimenti non utilizzabile); 69,5+0,75=70,25 (nuovo monte salari della squadra teorico, fino al ritorno dell’infortunato di lunga data); in verità quello che troviamo a contabilità, passatemi il termine, è 70,5 (no -1)+0,75=71,25
  • Se il giocatore infortunato dovesse restare sulla LTIR per un tempo incalcolabile, ricordiamoci l’esempio di Chris Pronger, il contratto del giocatore continuerebbe a pesare sul monte salari della società fino alla sua scadenza. In questo caso il contratto pesa poco, ma se ripensiamo al contratto di Chris Pronger restò in casa Flyers per anni, per il semplice fatto che nessuna società si mette a salario un contratto di lunga durata di un LTIR cronico

La chiudo qua. Sono stato vago, non sono andato nel dettaglio perché ci tengo alla mia vita e ad una sanità mentale molto labile. Ora, in questo preciso momento, alla fine di questo articolo, la testa di un dirigente della FISG è in procinto di detonare.

La latitanza di personalità in casa Flames

Nel bene o nel male, l’annata 2018/2019 del massimo campionato nord americano verrà ricordata per via di determinate note nel libro dei record. Con le 62 vittorie in stagione regolare, la franchigia dei Tampa Bay Lightning è diventata la seconda di sempre a raggiungere questo record dopo i Detroit Red Wings del 1995/96 (Fedorov, Larionov, Kozlov, Yzerman e via dicendo). In più si è ritrovata in squadra il miglior russo mai presentatosi oltreoceano, per quanto riguarda la produzione personale, nel nome e cognome di Nikita Kucherov: 82 partite e 128 (41+87) punti totali. Aveva tutte le carte in regola per scrivere altri record, si immaginavano sweep di una certa caratura, invece quest’ultimo l’ha subito lei stessa al primo round (4-0 da parte dei Columbus Blue Jackets). Il problema è che non abbiamo ancora toccato il record che verrà ricordato di più: nell’altra Conference, nell’altra parte del tabellone, anche l’altra numero uno della stagione regolare è stata maltrattata e mandata fuori in cinque, a dir la verità poco combattute, partite. Non era mai successo, nella storia della NHL, che due top seed venissero buttate fuori a post-season appena iniziata.

Flames vs Bolts in una sfida dello scorso Febbraio. Foto tratta dal sito: thestar.com

Chi è l’altra franchigia che ha vissuto un brutto sogno? I Calgary Flames. Un roster che in stagione regolare aveva offerto un ottimo gioco, ben impostato, ma troppo dipendente dalle giornate di certi soggetti e privo di quell’esperienza, fisica e mentale, che quando si presenta la post-season non può restare chiusa in un cassetto. Se l’uscita dei padroni della stagione regolare ha stupito tutti, nessuno si sarebbe aspettato un epilogo del genere, non molto si è parlato, appunto, dell’uscita dei padroni della Western Conference. Una squadra che ad inizio stagione non chiedeva nulla, aveva cambiato allenatore, modificato alcune pedine e non aveva grandi ambizioni. Detto ciò, lo si poteva preventivare quanto successo? Forse è anche per questo motivo che non ha stupito così tanti addetti ai lavori? Con la sola visione dei primi quarti delle cinque partite della serie contro i Colorado Avalanche, ho cercato di capire il motivo di questa debacle. Un tonfo che si è sentito ma fin troppo eclissato da quello presentatosi nella Eastern Conference.

Gara 1 e la posizione degli ospiti

Come in tre delle cinque gare disputate, un periodo che non ha offerto alcuna rete. Canadesi che cercano subito di far capire di starci con il fisico, fin dal primo disco giocato, ma risulta essere un fuoco di paglia. L’organizzazione ospite è esemplare, con grande densità nel terzo centrale e costante pressione in zona blu offensiva al fine di non permettere un’impostazione semplice ed organizzata. Flames che usano discretamente male le balaustre in impostazione e liberano con poco successo di possesso disco. Essendo la seconda massima potenza della stagione ha i propri punti a favore, coprono discretamente bene anche loro, ma i meriti degli ospiti risultano essere molto maggiori. Quest’ultimi, come per tutta la serie, quando si ritrovano in zona offensiva girano a mille e cercano con costanza la gabbia avversaria, anche senza la presenza di un effettivo pericolo. L’unico errore lo commettono verso la fine del periodo, quando si sbilanciano un pelo troppo, fiutavano la rete, e lasciano scoperto tutto il campo (vedi foto). La partita finirà 4-0 per i padroni di casa e questa cosa, non avendo visto i restanti due periodi di gioco, non riesco ancora a spiegarmela.

L’unica brutta scelta degli Avalanche in gara 1. Screenshot tratto dal G.C.

Gara 2 ed una vivacità di gioco

Periodo totalmente differente rispetto a quello di gara 1: dinamico, veloce, aperto, combattuto anche negli errori. Da questa partita in poi si presenta un problema che i canadesi non riusciranno mai a domare: la centralità di Nathan MacKinnon, con i suoi scatti ed il suo gioco di stecca. Ospiti che continuano a fare il loro gioco offensivo, rognoso e costantemente propositivo anche nell’apparente inutilità, mentre la maggiore vivacità dei padroni di casa mischia le carte in zona neutra (vedi foto) ed in fase di pressione avversaria. Flames meno passivi e più propositivi anche nel pressing. 20′ decisamente fisici, abbastanza sentiti, che portano ad errori anche grossolani, come quello che porta il capitano degli Avalanche in un quasi 1vs0. Come in gara 1, anche se maturato diversamente, risultato fermo sullo 0-0 alla prima sirena.

Degli Avalanche che si trovano costretti a rincorrere in zona neutra. Screenshot tratto dal G.C.

Gara 3 ed il fulmine a centro ghiaccio

20′ esemplari per capire quanto Nathan MacKinnon ha sfondato in questa serie di post-season: velocità, movimento dal centro all’esterno, produttività e penalità guadagnate (vedi foto). Un incubo per i canadesi, che in gara 4 cercheranno in tutti i modi di accerchiarlo. Avalanche con la mano sul match fin dalle battute iniziali; Flames che escono anche bene dal terzo difensivo ma con troppa poca velocità di esecuzione. Prima partita e prima rete in NHL per il giovane difensore Cale Makar (grande pattinata, ottimo posizionamento ed un futuro, all’apparenza, bello nitido). 22-8 il computo dei tiri e 3-0 il risultato al suono della prima sirena: canadesi in perenne difficoltà.

Nathan MacKinnon sfrutta lo spazio e si porta a casa un PP che verrà sfruttato per l’1-0. Screenshot tratto dal G.C.

Gara 4 ed un mix di rassegnazione e frustrazione

Canadesi nervosi e che fanno percepire di non aver ben digerito la brutta sconfitta (6-2) di gara 3. Offrono l’impressione di non riuscire ad ingranare la marcia, quindi cercano di limitare il pericolo numero uno vista la continua latitanza della loro prima linea offensiva. Avalanche che continuano ad avere il merito, pur senza la fluidità di gara 3, di cercare perennemente la porta avversaria al fine di mantenere un gioco ritmato e più vicino alle proprie corde. Alcuni stupidi sbagli da parte di tutte e due le squadre, penso ai sei uomini di movimento dei padroni di casa o alla pigrizia in liberazione degli ospiti (vedi foto), che portano ad avere la più brutta prima frazione della serie. Allego un’altra foto per far notare l’inutilità e la poca convinzione di Johnny Gaudreau in questa serie.

Mark Jankowski cerca James Neal, lungo la balaustra, con molta sufficienza e poca precisione: liberazione vietata. Screenshot tratto dal G.C.
Johnny Gaudreau si accentra, si fa rubare il disco da Nathan MacKinnon e concede una semplice ripartenza per le caratteristiche del giocatore in maglia Avalanche. Screenshot tratto dal G.C.

Gara 5 e la mancanza di mentalità

Il capitolo finale dell’incubo per tutti i canadesi residenti a Calgary, che cercano di cambiare alcune pedine (Sam Bennett in prima linea offensiva, dalla terza, per dirne una) senza alcun grosso effetto. La costante fisicità degli ospiti fa capire fin dal principio che la serie difficilmente verrà riaperta. Il primo nitido tiro per i Flames arriva dopo 7’30” di gioco, non tanto prima dell’ennesimo errore (vedi foto) che pagano a caro prezzo con la rete avversaria. Johnny Gaudreau si presenta per la prima volta nella serie e sfruttando un buco centrale si guadagna il rigore, che esegue in una modalità a dir poco rivedibile. Dall’errore al pianto: 2-0 ospiti. Calgary continua ad offrire la sensazione di essere una squadra priva di pedine dalla mentalità forte e sopra la media, totalmente azzerata dalla fisicità dei playoffs. Gara 5 finisce 5-1 per gli ospiti e la saracinesca cala di fronte al Scotiabank Saddledome.

Canadesi che perdono il disco a centro ghiaccio, con un Nathan MacKinnon che sposta tre elementi sul lato destro al fine di liberare la blu in favore di un tiro pulito per Tyson Barrie. Screenshot tratto dal G.C.

Difesa a tre e stats da interpretare per questi Islanders

Durante l’estate in molti hanno pianto l’addio di John Tavares, affermando a più riprese che sarebbe stata la fine per questi Islanders. Indubbiamente il nativo di Toronto ha migliorato una franchigia che da sempre naviga nelle sabbie mobili, ma di certo non ha permesso un cambio di tendenza così repentino e la singola semifinale (2016) della Eastern Conference era ed è qua a ricordarci la verità. La vera svolta potrebbe averla data un allenatore in grado di capire come far giocare una squadra con del talento contenuto, non molta fantasia, anche se potrebbe ripagare in regular season ma non quando il gioco si fa duro.

Tramite la visione di due partite, vs Ducks (20/01/2019) e vs Blackhawks (22/01/2019), ho cercato di capire come mai questi Islanders siano in vetta alla Metropolitan Division e dietro solo i Bolts nella Eastern Conference. Sinceramente l’ho capito in parte e molto lo devo al contrasto tra RS e PO, due mondi totalmente differenti e in cui si gioca dell’hockey quasi agli antipodi. Il roster guidato da Barry Trotz ha un preciso gameplay ed è molto semplice: difendere con diligenza ed attaccare da opportunisti. Con il senno del poi, l’addio di JT potrebbe aver dato i suoi frutti, in positivo, poiché dire ad un Mathew Barzal di sacrificarsi in questo modo credo risulti più facile che dirlo ad una star diligente ma già affermata e con il suo status. Un sacrificio ripagato da ambo le parti per la giovane stella, poiché risulta essere l’unico giocatore in grado di poter prendersi pause dal gameplay e liberare la propria creatività. Impossibile ingabbiarla, lo sa bene anche l’ovetto kinder del Manitoba.

Foto tratta da lighthousehockey.com

Quindi, questa diligenza difensiva da dove arriva? Da una semplice constatazione di chi la squadra l’ha presa in mano solo da sei mesi: non siamo i più forti, non siamo i più tecnici, quindi invertiamo la rotta per cui siamo anche la peggior difesa della NHL e per prima cosa copriamoci sempre e comunque. Come? Semplice: quando gli altri impostano l’azione offensiva noi ci facciamo trovare sempre, sempre, in tre a coprire la linea blu. Ed è clamoroso come lo facciano con costanza e ad occhi chiusi, ormai il meccanismo è oliato alla perfezione, tanto che nelle due partite che ho visionato solamente in un’occasione ho assistito ad un cambio di registro, anche grazie all’intuizione degli avversari.

Screenshot dal Game Center

Essendo una squadra molto diligente e che non forza praticamente nulla, una situazione del genere, con l’attaccante (difensivo) non ancora in zona neutra e di fronte all’avversario (offensivo), è ben difficile vederla in questa versione degli Islanders. Tale situazione si è creata nel terzo finale della partita, poi finita ai rigori, quando sul risultato di 2-2 gli ospiti hanno cercato di andare fuori dagli schemi al fine di trovare la rete del vantaggio con una delle loro tante “azioni offensive da opportunisti”. Hanno deragliato, diciamo così, perché ci tengo a ripetere, per l’ennesima volta, che praticamente non lo fanno mai. Intendo, deragliare dai binari.

Screenshot dal Game Center

L’attacco dei Blackhawks legge bene l’errore e lo stesso che porta su il disco, all’altezza della linea blu fa da screen al fine di togliere dall’azione quel “terzo difensore” di cui tali Islanders tanto necessitano. Una voglia di strafare nella zona offensiva che gli ospiti si trovano costretti a pagare, cercando di recuperare il tutto con affanno e senza esiti positivi. Di sicuro Barry Trotz non era al settimo cielo in panchina, ci metterei la mano sul fuoco.

Screenshot dal Game Center

Alex DeBrincat, l’uomo dello screen, taglia verso il centro ghiaccio avendo totale libertà di tiro. Casey Cizikas, in continuo ritardo, ormai non ci può fare più nulla e cerca di recuperare la posizione con scarsi risultati. Per fortuna degli Islanders, il potente diagonale sul secondo palo del classe 1997 finisce fuori di pochi centimetri. Un errore degno di nota, quello degli Islanders, ma comunque l’unico lampante in 120′ di gioco che ho visionato e questo ha un qualcosa di straordinario ripensando alla squadra dell’anno scorso, impacciata e non così diligente.

Perché dubito di questa squadra, pur idolatrando la compattezza mista a diligenza che mettono sul ghiaccio? Reputo che questo roster, se non verrà inserito un pizzico di fantasia prima della Deadline, con l’arrivo della post-season si possa sfaldare. Non mi ha offerto l’idea di essere in grado di aumentare il ritmo, di fare un altro step, ciò che appunto verrà chiesto nella parte più importante dell’anno. Ora sono belli compatti, difficili da sorprendere, ma quando il ritmo aumenterà volete dirmi che dei Capitals o dei Bolts della situazione non saranno in grado di scardinare questa sicurezza e sciogliere tutto il bello che abbiamo visionato fino a questo punto della stagione?

Come ultimo punto vorrei analizzare le linee, sia offensive che difensive, tramite il semplice paragone tra CA60 (Corsi Against parametrato sui 60′, quindi tutti i tiri ricevuti, bloccati, deviati, in porta, ecc) e CF60 (Corsi For parametrato sui 60′, quindi tutti i tiri effettuati, bloccati, deviati, in porta, ecc). A primo impatto tali risultati vi sorprenderanno, pensando a dove sono in classifica, ma pensandoci sopra due minuti capirete che rispecchiano quel gioco che ho analizzato, in breve, nei punti precedenti.

Foto tratta dal profilo tableau public di Sean Tierney

Grafico X/Y, dove su Y troviamo i tiri subiti e su X i tiri effettuati. Le virtuali linee dividono in quattro la ricerca: dull (noiosa), bad (brutta), good (buona), fun (divertente). Come potete notare, di effettive linee offensive ritenute buone in casa Islanders non ce ne sono. E’ un dato che trae un pelo in inganno, poiché per il gioco che offrono (contenimento degli avversari, quindi mai pallino del gioco in mano) è normale che siano così. La migliore risulta essere la seconda linea (Beauvillier/Barzal/Bailey), dove i tiri effettuati (50,58 x 60) sono poco superiori di quelli subiti (46,74 x 60). La prima linea (Lee/Nelson/Eberle) subisce in minima parte, più o meno +2 di tiri subiti. La forza di questo roster è la profondità di diligenza anche nella terza e nella quarta, che in tale grafico risultano noiose, sono le due più in alto a sinistra, ma guardando le partite ho notato che fanno alla perfezione il loro dovere e segnano. L’infortunio di Andrew Ladd ha fatto saltare qualche abbinamento, quindi quando tornerà probabilmente dovrebbe prendere il ruolo di Dal Colle in terza.

Foto tratta dal profilo tableau public di Sean Tierney

Dal grafico si può notare che anche in zona difensiva quasi tutte le linee sono considerate noiose o brutte. Boychuk/Leddy risulta essere la prima e la coppia regina, infatti mantengono un bilanciamento più che giusto tra noiosità e bruttezza (45,13 fatti e 49,93 subiti). Con Thomas Hickey fermo ai box alcune coppie sono saltate, certo che il grafico rispetta una precisa sensazione avuta durante la visione dei due match: la terza linea composta da Mayfield/Toews è veramente intrigante, infatti con loro sul ghiaccio la squadra produce più che subire. Ahimè il classe 1994 Toews è stato rimandato in AHL. Si spera di rivederlo in breve tempo.

Per concludere un recap delle statistiche di coloro che proteggono le gabbie. Questi Islanders avranno un gioco organizzato, una precisa difesa a tre, un gioco quasi mai centrale ma la coppia di portieri sta facendo un lavoro di pregevole fattura. Da considerarsi una delle migliori coppie, se non la migliore, della stagione in corso.

Foto tratta da hockey-reference.com
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