Arriva Patrick Kane, evapora Detroit

Con tutto questo tempo libero delle festività natalizie ed una piacevole voglia di andare ad analizzare qualche dato, nel corso degli ultimi giorni mi sono perso tra hockey-reference.com, naturalstattrick.com, capfriendly.com e siti simili. Pur essendo partito senza la necessità di trovare qualcosa in particolare, dopo un paio di giorni passati ad effettuare giri di pista senza alcuna meta ho cambiato idea, effettuato un rifornimento di pensieri: “No, ora punto dritto su qualcosa”. Tante le curiosità mai ben analizzate: dei Canucks così in alto, dei Capitals che segnano così poco, una Nashville che non calcola nessuno ma non la troviamo vicino al baratro. Devo dire che questi primi mesi di stagione regolare sono stati differenti rispetto a quelli degli anni precedenti: ho soffermato lo sguardo tanto su di una squadra, quest’anno i Coyotes, lasciando da parte le consuete e costanti ricerche a largo raggio. Fermo, di fronte allo schermo, ho deciso di andare nel dettaglio su uno degli avvenimenti più importanti di questo mese di Dicembre: il ritorno sul ghiaccio di Patrick Kane.

Frame di un video pubblicato su qualche pagina legata ai Detroit Red Wings

Come sapranno pure i muri di case in cui non risiedono appassionati di hockey su ghiaccio, dopo mesi d’attesa Patrick Kane è tornato nelle lega firmando un breve contratto ed indossando la maglia dei Red Wings. Una sorpresa, niente da dire, che si è portata dietro tanta attesa ed aspettativa. Fino ad ora non ripagata, siamo pur sempre all’inizio di un nuovo rapporto, però dal suo innesto nelle linee offensive Detroit è caduta a picco: nove sconfitte nelle ultime dodici partite disputate, dove una sola delle tre vittorie è arrivata nei tempi regolamentarti. Che Detroit sia una squadra schizofrenica l’avevamo già colto nel mese di Ottobre: tante reti siglate, un gioco frizzante ed aperto quasi al fato, tanto da avere pure una delle peggiori difese. Noi stiamo continuando a vedere questa squadra come una bella sorpresa, qualcosa per cui vale la pena accendere il game center e divertirsi senza alcun fine, ma dopo l’exploit iniziale è entrata, giustamente viste le minime ambizioni, in un vortice di alti e bassi. Abbiamo già detto che viene da un periodo negativo, fatto di infinite sconfitte, ma già tra Ottobre e Novembre arrivò qualcosa di simile: otto sconfitte in undici gare disputate, periodo pareggiato con sette vittorie nelle successive otto. Potrà succedere anche adesso? Tutto può succedere con tale roster, vien da dire, nel bene e nel male. Soffermandoci sul male, si è voluto andare nel dettaglio prendendo due casi ben particolari: il primo terzo nella recente sconfitta contro Minnesota e l’insensato terzo centrale nella prima uscita di PK88 contro gli Sharks.

Vs Wild – 28/12/2023, L 6-3

Basterebbe visionare i primi minuti di questo match per capire quanto questi Red Wings non siano sul pezzo, almeno non con costanza. Sembrano essere ben consapevoli di avere lampanti limitazioni difensive, tanto da non prestare la necessaria attenzione in tutto l’arco della gara. Come a dire: se giriamo bene in attacco la giriamo a nostro favore. Una verità che può andare bene in determinati momenti di una regular season, di certo non quando le altre franchigie entrano con i pattini allacciati o solo con un minimo di feeling. Nel solo possesso iniziale, quello che porta alla rete di Boldy dopo nemmeno 40” di gioco, Detroit è in grado di perdere il disco in tre differenti occasioni: allargano male in balaustra dopo l’ingaggio iniziale vinto; liberano male sulla sinistra difensiva, sbilanciandosi e lasciando Boldy libero di fronte a Husso; una volta usciti ed entrati nel terzo offensivo, perdono quel disco che costerà caro. Quello che avviene dopo è al limite del comico se uno vedesse la partita con fare innocuo: quattro dei cinque di movimento sono nel loro terzo difensivo, con solo uno appena fuori; l’uomo di Detroit che è su quello fuori cade nel terzo centrale; Boldy allarga da balaustra a balaustra, trovando EK; cade pure il difensore che dovrebbe andare a chiudere su EK, lasciando allo svedese la possibilità di far rimbalzare il disco in balaustra e riprenderlo in zona offensiva. Quale potrà mai essere stato il risultato? A seguire un fermo immagine, grottesco quanto iconico nel suo essere:

Una situazione simile ma con buco centrale ed un Marco Rossi in solitaria per metà ghiaccio, si ripresenta poco prima del settimo minuto di gioco. Senza nessun giocatore caduto ed un Husso in grado di fare muro, sventato il pericolo. Qua si scherza, la difesa di questa squadra deve essere vista come un cinepanettone, però c’è da dire che con il passare dei minuti la fluidità di gioco dei Red Wings, pur con tutti i loro problemi, è stata in grado di prendere in mano il tempo. Trovando il pareggio e limitando Minnesota, praticamente rimasta ferma ai tanti tiri iniziali. Il risultato finale ha dato favore a quelli confinanti con il North Dakota ma chi scrive, per sua stessa ammissione, non ha visionato tutto.

Vs Sharks – 8/12/23, L 5-6 OT

Per capire con estrema cura questi Red Wings, si consiglia di visionare il secondo drittel di tale gara. Detroit veniva da sei vittorie nelle ultime sette partite disputate, di mezzo la sola sconfitta per 3-2 in casa dei Rangers, quindi cavalcava un periodo di forma veramente esemplare. Tra queste anche una vittoria per 5-2 a Boston, qualcosa di cui vantarsi con gli amici di pub e con le fringuelle che si cercava di rimorchiare. Come già anticipato ad inizio pezzo, questa fu la partita dell’ingresso in squadra di Patrick Kane. Un trauma, con il giudizio del giorno dopo, perché potrebbe essere stata la pallina che ha mandato in tilt il flipper. Per i primi 10′ non succede nulla, anzi, si rischia di esagerare con l’ozio. Arrivi quasi all’undicesimo minuto, partono i botti: San Jose pasticcia e regala la prima rete, seguita da altre tre nel giro di nemmeno sessanta secondi. Sul game center, tra la seconda e la terza rete, viene fuori tale dato: nella stagione in corso, prima in tale statistica, per ben undici volte Detroit ha segnato due reti in meno di un minuto d’orologio. Viene da sorridere che in quei sessanta secondi verrà segnato pure il terzo, per essere esatti in 51”. Rarità, quasi sicuramente, ma la voglia di andare a cercare quante altre volte è successo un avvenimento del genere trova il tempo che trova. Vedendo una cosa del genere, anche se l’avversario vale quello che vale, ti viene da pensare una cosa: “Diamine, quando girano comunque sono belli da vedere, sono elettrizzanti, poi con un Kane in più c’è da divertirsi”. Avessi mai pensato qualcosa del genere. Sopra 4-0, Detroit guadagna pure un PP di 2′. Risultato? Due reti subite in superiorità numerica, con altri rischi nel corso del tempo, e la terza appena tornata la situazione di parità e con l’avversario libero appena uscito dal penalty box. Una poesia, un avvenimento celestiale. Gente finisce in carcere per molto meno, almeno questo penso. Il resto è contorno, come la rete del 4-4 di Sturm poco prima della seconda sirena, perché il quadro è stato già dipinto. Pronto per il Peggy Guggenheim.

Non si sarà offeso il GM Steve Yzerman per questo articolo, noto ed illustre lettore di questo inutile blog. No, lui è a conoscenza del fatto che Detroit è un progetto a lungo termine, solo nelle fasi iniziali della sua esistenza. Puoi mettere un Kane in più, risultare l’attacco più prolifico della lega ma alcuni dato sono fatti per far tornare tutti con i piedi per terra: ha il sesto tetto salariale più basso dell’NHL e l’attacco, quello di cui tutti parlano e tralasciando il Perron ed il Kane della situazione, ha un’età media inferiore ai 26 anni.

Elias, figlio di Mikael e della comprensione del gioco

L’ultima settimana di Giugno ed i primi giorni di Luglio sono campo minato se si vuole mantenere gli occhi lontano da giornali, smartphone, dispensari di notizie. Sono i giorni del Draft, degli scambi e della free agency, dove vengono messi tasselli su tasselli al fine di migliorare, peggiorare, modellare una rosa. Nel Draft datato 2018 la trade maggiore avvenne tra gli Hurricanes e i Flames: Dougie Hamilton, Michael Ferland e Adam Fox ai primi, Noah Hanifin e Elias Lindholm ai secondi. Dopo metà stagione il risultato è dalla parte di Calgary, visto il primo posto nella Western Conference ed una chimica di squadra che non si vedeva da tempo. C’è anche da dire che può piacere o meno il gioco che offrono, costantemente diligente ma fatto più di on/off che di regolare fluido propositivo.

Non voglio parlare dello scambio nel suo insieme ma del solo pezzo svedese presente nel mezzo: Elias Lindholm. Presumibilmente scaricato dalla franchigia con sede a Raleigh per un semplice motivo: “Sei forte, mi piaci, ma ora che devo rinnovarti il contratto non sono sicuro sia sensato darti quei soldi che probabilmente vorrai chiedermi”. In poche parole, e i dati erano dalla loro parte, non lo consideravano un giocatore in grado di passare il tetto dei cinquanta punti. Una visione che non hanno avuto gli stessi Flames e con il nuovo allenatore Bill Peters (proprio in arrivo dagli Hurricanes) hanno deciso di firmalo per sei anni a 4,85 milioni di $ diligentemente diluiti fino al 2024. Contando che il tetto dei cinquanta l’ha già passato a metà stagione regolare, oltre ad aver creato una perfetta chimica con Johhny Gaudreau e Sean Monahan, in quel di Calgary le mani se le stanno strofinando con assoluta nonchalance.

Foto tratta da: zimbio.com

Ma chi è lo svedese classe 1994 cresciuto in quel di Gavle? Per cercare di capirlo ho deciso di seguirlo come un segugio in due partite: contro un top team (Sharks, 31/12/2018) e contro un team in evidente difficoltà (Red Wings, 02/01/2019). Due partite in cui ha finito con gli stessi numeri: una rete e due assist. Delle partite in cui è sembrato spesso nell’ombra, credo sia proprio il suo modo di giocare, dove mi ha fatto percepire una conoscenza del gioco rimarchevole e fatta di posizionamenti più di corse ad alto regime.

La cosa che mi ha sorpreso maggiormente, oltre a quelle già citate, è la consapevolezza di poter rubare qualsiasi disco senza alcun contatto fisico. In più di un’occasione, specialmente in una gara più sentita come quella contro San Jose, ha cercato di intercettare dischi con i difensori avversari in uscita dal loro terzo amico. Come si può notare dallo screenshot sottostante, il recupero fatto in quelle condizioni lo porta subito al taglio verso la gabbia avversaria. In questa occasione sbaglierà, non riuscendo a concludere in backhand. Può essere considerata una stupidaggine, un movimento che cercano tutti, qual’è effettivamente, ma con lui si percepisce sicurezza anche se non approda a porto sicuro.

Screenshot tratto dal Game Center

Probabilmente trasmette questa sicurezza perché si ha l’impressione abbia tutto sotto controllo anche nell’ombra, che fare i movimenti elementari lo portino sempre ad essere pronto e sul luogo giusto. Guardandolo di sfuggita sembra strano possa aver raggiunto il traguardo dei cinquanta punti a metà stagione regolare: non carica o lo fa il minimo, non è rapido, non stuzzica, non accelera, non si accende ad intervalli alterni. No, mantiene una costanza che parte dal primo ed arriva all’ultimo secondo di gioco. Ovvio, ci sono alti e bassi, vuoi per avversario che per direzione di una partita o giornata storta, ma questo credo sia il suo punto forte. Resta sempre attento, o quasi sempre, compiendo spesso interventi banali ma che alla fine dei conti possono risultare molto utili. Nell’immagine sottostante si può notare un altro intercetto in zona neutra, un disco in direzione dell’Evander Kane di turno che avrebbe trovato un varco centrale al fine di arrivare in porta.

Screenshot tratto dal Game Center

Si contraddistingue anche per un costante gioco da two-way, dove da centro torna sempre indietro al fine di aiutare e coprire eventuali linee di passaggio. Trasla il suo modo di difendere, fatto di intercetti, posizionamenti e non certo di gioco fisico ai danni degli avversari, per tutta la lunghezza del campo da gioco. Questa sua meticolosità nel posizionarsi come da copione prestabilito, quasi da libro studiato e digerito, alle volte sembra non gli permetta di andare fuori dalla sua comfort zone. Nell’immagine che segue si nota che non legge il mal posizionamento di Noah Hanifin (55), non accelera o produce qualche movimento brusco, non è da lui, permettendo all’avversario di trovare una semplice rete.

Screenshot tratto dal Game Center

Se contro gli Sharks ha giocato sempre da centro, delegando a Sean Monahan il ruolo di ala, contro i derelitti Red Wings si sono scambiati i compiti ad intervalli alterni. In partite sulla carta più semplici, dove anche una sconfitta potrebbe andare bene, provare alcuni esperimenti non può far che bene. Da ala è risultato essere un giocatore leggermente più fisico, da balaustra in alcuni casi, gravato dall’onere di coprire con diligenza il centro del ghiaccio sia nelle ripartenze del Brent Burns o dell’ Erik Karlsson di turno che nel terzo difensivo. Se contro la franchigia della California era arrivato solo un tiro in porta, contro una delle peggiori squadre della lega ha sì trovato la porta solo in tre occasioni ma in altrettante, se non di più, ha cercato la giocata di troppo che gli ha precluso il risultato. Di seguito una posizione che contro un top team come quello degli Sharks non sarebbe mai stato in grado di raggiungere.

Screeshot tratto dal Game Center

Partita che trova il tempo che trova, dove ha più senso guardare gli esperimenti, tanto da una parte che dall’altra, che il tabellino. Detto ciò, lo svedese di Gavle anche contro una modesta squadra, specialmente in quei pochi minuti che è stato posizionato da centro, ha proposto il suo gioco: posizionamenti, intercettazioni, visione two-way. Sempre nell’ombra.

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