How I Met Your Perry?

Avendo una forte dose di ironia per qualsiasi tipo di cosa che gravita nella mia zona, perennemente in stand-by ed in attesa come una cimice, potete ben intuire che quando escono notizie come quella riguardante Corey Perry e l’organizzazione dei Blackhawks tendo a sospendermi da terra, allargare un bel sorriso e preparare i pop-corn per godermi lo spettacolo. Non è una questione di moralità assente, anche se alle volte mi chiedo se ne possiedo veramente poca e di scarsa qualità, però queste storie mi strappano sempre un sorriso per la banalità con cui escono. E’ come se qualcuno lanciasse un raudo in mezzo ad una folla, durante una festa di compleanno, e poi arrivasse qualcuno a dire che non era un raudo. Il raudo sarebbe la presunta relazione amorosa, la festa di compleanno la presenza del futuro talento generazionale a roster e quel qualcuno il GM con la conferenza stampa. Lungi da me dire che questo o l’altro ha ragione, che la verità sia quella uscita tramite i rumors o quella che vuole far passare la dirigenza della società, l’interesse è veramente nullo su questo punto. Non lascerò commenti del tipo: “Merda, non doveva farlo”. Oppure: “Merda, grande, idolo”. Ridicoli, cosa serve? Però mi preme analizzare due possibili scenari, poiché tutto ciò non può strappare delle risate. Suvvia, sorridete.

Scenario con scopata annessa

Appena uscita la notizia, dubitavo su questo rumor. Era forte, molto bello da chi l’aveva inventato, questo pensavo. Molto bello, bellissimo, sadico nella sua ilarità. Poi, noto che la dirigenza non dice nulla e nella conferenza stampa di molte ore dopo non offre grosse spiegazioni, sembrava quasi una smentita di qualcosa di cui non avevano voglia di parlare. Quindi, penso: “Diavolo, potrebbe essere tutto vero”. Partendo da questo punto, la piccola e stupida mente che possiedo ha iniziato a viaggiare e dopo pochi secondi ha legato due cose: madre di Bedard+Perry con Barney+HIMYMother. Risate, in completa solitudine, però effettivamente Perry possiamo considerarlo un sosia di Barney. Non capisco il motivo di tutto questo avvenimento, nel caso sia effettivamente avvenuto, ma da tutte due le parti in questione. Sì, perché per ora ho letto di Perry, di cosa ha fatto Perry, di come ha fatto questo o quest’altro Perry, ma nessuno della madre di Bedard. No, perché per me risulta la verità più simpatica di tutte. Lei, me la immagino, con il figlio appena entrato in NHL e pronto a diventare la futura stella della lega, dopo nemmeno due mesi di stagione regolare cede al fascino di Corey Perry. Ora parliamo di due mesi, magari è successo dopo due settimane. Il fatto che il veterano fosse stato portato a Chicago per offrire una via da seguire, beh, bellissimo, non serve aggiungere altro.

Scenario con altro di grave

Kyle Davidson, il giovane GM dei Blackhawks, nella conferenza stampa è risultato un filo impacciato, un classico americano che sembra più dire quello che gli altri vogliono sentirsi dire. Quello che risulta molto strano, contando che di mezzo c’è una possibile fake news riguardante il già citato rapporto sessuale, è che non si sia voluto dare nessun’altra informazione in grado di smontare le supposizioni. Per arrivare a questo punto, cioè nemmeno difendere la dignità del tuo futuro top prospect così ancora giovane e non in grado di difendersi da solo contro queste notizie, vuol dire che sotto c’è qualcosa di ancora più grande. Qualcosa di mastodontico, viene da dire, perché se non si vuole dire niente e lasciare in pasto alle persone una probabile menzogna siamo a livello da omicidio, rapina a mano armata, violenza sessuale e minorile. Dico io, che sono nessuno, perché per non difendere la dignità di una madre e del proprio figlio vuol dire, veramente, che nella pentola c’è merda, diarrea, poltiglia. Ovviamente, a patto che lo scenario con scopata annessa non sia veritiero. E così facendo, con questo alone di mistero e nessuna presa di posizione, vorrei lanciare una bomba più morale che effettiva: il comportamento della dirigenza non si discosterebbe molto da quello del rapporto sessuale.

Quindi, arrivati ad un punto in cui non si capisce più nulla, proprio perché ci si diverte a fare supposizioni insensate, c’è uno scenario che sarebbe migliore dell’altro?

Buffalo e mozzarelle, turca all’istante

Volevo scrivere qualcosa riguardante qualche campionato europeo, quelle notizie di contorno del Vecchio Continente che interessano a quattro scappati di casa e poco più. Niente, non mi è stato possibile, poiché sono completamente preso da quello che accade oltreoceano. La routine è sempre la solita: mi sveglio, guardo Eliteprospects al fine di trovare qualche strano movimento in suolo amico e poi, anche se qualcosa è accaduto, approdo con il mio shuttle dell’innocenza nell’app della NHL e non ci esco più. Il tempo è limitato, la sveglia suona alle 6:09 ed il tempo a disposizione, per questi contorni di giornata, dura fino alle 6:50. Stop, niente di più fino a pranzo. Quindi, complice anche il disorientamento di inizio giornata, prendo l’appiglio più sicuro, scontato, gradevole a primo impatto. Come quelli che vanno a boschi di notte pur sapendo di andare in pasto al pericolo, alle volte effettuo scelte discutibili, di impercettibile giudizio sensato, come iniziare a guardare un Blackhawks vs Sabres alle 6:17 di un martedì mattina dopo aver messo sul pentolino dell’acqua calda. Il sole fatica ad uscire, il suono di gatti in calore si mischia regolarmente a quello di lame che tagliano il ghiaccio.

In passato mi chiedevo perché perdevo tempo a seguire determinate realtà, come se fosse un problema quello che facevo. Con il passare delle primavere, sarà anche la consapevolezza che si insinua dentro di te con l’avanzare dell’età, ho cambiato domanda: “Per quale motivo non lo fate pure voi”? Ci vuole pazienza e dedizione, vero, oltre a tanta pace interiore ed un’ottima sopportazione al pisolino, però il succo è sempre il solito: se vuoi capire perché quello o questo fa così schifo, devi osservarlo, capirlo, essere in grado di crearti un bagaglio di ricordi su quel determinato contesto. Con Blackhawks vs Sabres è stato difficile, il bagaglio l’avrei voluto buttare dalla finestra in più di un’occasione. Partita al limite della bestemmia, sia per (non pervenuta) tensione che per (non pervenuta) intensità, dove nemmeno i punti di contorno sono stati in grado di catturare l’attenzione: un Kurashev che sembra aver trovato una via, un Bedard che sembra di essere al Grande Fratello da quanto te lo fanno seguire, un Dahlin sempre bello da vedere, il mini Benson che c’è ma allo stesso tempo non c’è. Così, in due giorni di completa dedizione nei momenti morti delle giornate, sono stato in grado di portare a compimento il match in questione. Cosa mi è rimasto? Tante cose brutte di cui non vorrei parlare, forse solo con la presenza di uno psichiatra potrei affrontare il tema. Quella che mi ha maggiormente impressionato è stata la completa assenza di pathos, interesse nel giocare ad un ritmo quantomeno degno. Ancora più di Chicago, una franchigia allo sbando e consapevolmente senza ancora una vera strada da seguire, sono rimasto stranito da Buffalo: spenta, a velocità rallentata, senza alcun tipo di interesse di mettere le mani sulla gara. E’ stata una partita che non consiglierei di recuperare nemmeno a Jason Voorhees se fossi Freddy Krueger.

Lascio con questo dato: Chicago, dopo questa partita, continua ad essere la squadra che ha tirato di meno in porta in tutta la lega. 422 in totale, dietro ai Capitals con 436 e Sharks con 446.

KAColi, è successo di nuovo

Quante volte capita di andare allo stadio e rimanere rapiti dalle movenze di qualche giocatore? E’ la normalità, forse è proprio il bello dello sport in quanto tale: cogliere certe cose, farle tue, immaginarti in prima persona. L’altra normalità è quello che ne segue, con la coscienza che bussa alla porta e ti parla: “Senti ebete, è già tanto se riesci a stare in piedi sul ghiaccio”. Non si può negare sia il contrario, tutti professori con le doti tecniche di altri, facile a dirsi. Un qualcosa di strano, invece, è andare allo stadio per osservare uno specifico giocatore e rimanere rapiti da un altro. Molto atipico, invece, risulta andare allo stadio per due anni di fila al fine di osservare altro e rimanere rapiti sempre dallo stesso giocatore di dodici mesi prima, non preventivato. Per chi batte a tastiera è successo con Lukas Haudum del Klagenfurt.

Quello in foto è Jan Mursak, il motivo per cui c’era tanto interesse nell’esserci a vedere Asiago-Klagenfurt. Un giocatore osservato nelle passate stagioni tra Berna e Frolunda, rapito già da tempo dal suo modo di giocare. Per tutto il primo tempo l’ho seguito, cercato di studiarlo, ma tranne qualche lampo era in una di quelle serate definibili nel seguente modo: non ho voglia di sudare, vorrei pure non lavarmi dopo la partita. Situazione diversa rispetto a dodici mesi fa, quando il target visivo era Lucas Lessio e salutò Asiago da protagonista. Tra un thè caldo e limitrofe bestemmie di contorno, lo sguardo si adagia sulla partita in quanto tale e scorre come il disco lungo le balaustre. Se il 12 Ottobre del 2022 Lessio guidò con una doppietta un KAC dominante all’Odegar, in questa situazione si è assistito ad una gara più equilibrata, almeno nel risultato. La variabile impazzita che non è cambiata, come già detto, è risultata l’attrazione verso il classe 1997. Un anno fa centro di una terza linea, ora ala sinistra della prima. Perché questo interesse verso tale austriaco? La velocità di pensiero, il fatto che sia stecca sinistra è un plus per gusti personali ed una sensazione che sia in grado di creare sempre qualcosa. Per carità, non accade anche se quest’anno sembra più prolifico rispetto alle passate stagioni, ma alle vibes dello spettatore devono essere dati i giusti spazi in questo blog.

Finito, basta, non ho altro da dire. La condivisione di un atipico doppio aneddoto.

Schira e la sbagliata scure

È da giorni che lo penso, sono rimasto in quel perenne limbo in cui non si riesce a capire se vale la pena scrivere due righe su tale convinzione o no. Dopo cosí tanto tempo, ormai la notizia trova il tempo che trova e sará stata dimenticata pure dai diretti interessati, lancio la convinzione che mi tormenta da svariate notti: non reputo opportuna la sospensione inflitta a Craig Schira. Il fatto è noto a tutti: dopo 20” nella sfida tra Graz e Klagenfurt, l’esperto difensore ha effettuato una carica scorretta, alla testa, rimediando un 5+20 e successiva squalifica di una partita per la gravitá del gesto.

Se solo chi leggesse tale blog sapesse che tipo di ideali possiede chi batte a tastiera, saprebbe che un’affermazione del genere risulterebbe atipica e stonata alle orecchie in ascolto. Il miraggio di un gioco privo di contatti gratuiti, garante cosí di uno stile di gioco piú fluido, era diventata quasi una crociata in tempi non sospetti. Una crociata in solitaria, sia chiaro, non giravo con banchetti in piazza e penne per firmare pezioni. Ora, dove la fluiditá è diventata pure troppo marcata, mi trovo in un eterno dilemma: dove si trova il giusto compromesso? Di certo, come si è capito, non nella penalitá inflitta al difensore del Graz. Non avrei mai pensato di dirlo ma la reputo una grande stronzata, un’esagerazione derivata da quella voglia di limitare il gioco in determinati contesti. La voglia di tutelare il giocatore offensivo mi puó andare bene, ci adattiamo al mutamento del gioco con il tempo, peró sarebbe opportuno non trovare il pelo nell’uovo. Il pelo sarebbe che il difensore, con un movimento a salire, avrebbe cercato la testa dell’avversario. Se voi recuperate il video, con estrema onestá di pensiero, potete percepire la differenza di entrata in gara dei due giocatori: uno convinto, pronto a chiudere una carica spalla a spalla; l’altro tranquillo, con pochissima attenzione di postura nella liberazione del disco dopo soli 20″ di gioco. Chi il fischietto lo usa con costanza dirá che risulto un pirla, un gufetto da tastiera, e potrebbe avere piú che ragione. Il fischietto non l’ho mai preso in mano, non saprei nemmeno che suono emette a pochi centimetri dalle orecchie, peró tra le mani avevo questa convinzione di cui volermi liberare.

Scrivere un pezzo sul fantasy NHL e rendersi conto che è tutto inutile

Dovrebbero fermarmi quando mi saltano strane idee, specialmente ad un’etá non piú adolescenziale o in un cui viene consentito un po’ di tutto. Del tipo che dovrei trovare segnali lungo il percorso che vorrei affrontare, come quelli stradali per gli automobilisti. Dei piccoli avvertimenti in grado di farmi ragionare, non incappare nell’ennesima stronzata in grado di mangiare del tempo prezioso. Anche perché, alla fine dei conti, oltre a perdere tempo per fare qualcosa di effettivamente inutile, perdo altro tempo per scrivere questi brevi pensieri come critica al tempo perso per fare inutilitá. Un cane che si mangia la coda.

Maledetto me, sono incappato nel fantasy di ESPN. Mai fatto, mi sono sempre tenuto alla larga per evidente conoscenza del rischio. Ci sono dentro da un’ora ed il piccolo cervello che possiedo è giá flippato, finito in un’altra galassia di egocentrismo: “Datemi una squadra, fatemi fare il GM“. Per questo motivo mi ero sempre tenuto alla lontana da questo mondo: crea esaltazione e pur avendo mancato molte scelte che ti eri segnato ti consideri ugualmente una divinitá. Il gioco è anche simpatico: sei in una lega da dieci partecipanti, scegli in modalitá draft con tempo prefissato di scelta, hai un totale di ventidue chiamate, non ci sono grossi vincoli tranne i tre ruoli basilari. Una cosa, quest’ultima, che non ho apprezzato molto quindi sono andato a complicarmi la vita: almeno i quattro centri voglio che ci siano, un pelo di rispetto verso tale sport. Quindi, facendo tale scelta, mi sono ritrovato a prendere come primo centro Adrian Kempe. Ma come? Kempe? Sí, demonio il santo, perché le prime quattro scelte le ho spese per prendere roba di alta qualitá: Pastrnak, Kaprizov e Makar. Arrivato alla quinta scelta, si erano mangiati tutto: da Hughes a Petterson, da McDavid a loro madre santa. Con il passare del tempo e con estrema calma ho formato il quartetto di centro: il giá citato Kempe in un’ipotetica prima linea, Necas in seconda, Kopitar in terza ed il rookie Cooley in quarta. Difficili gli ultimi giri, poiché tanti di quelli che inserivi in lista venivano selezionati in precedenza, laaciandoti in braghe di tela. A seguire le ipotetiche linee offensive e difensive:

Kaprizov – Kempe (LAL) – Pastrnak

Panarin – Necas – Kreider

Strome (WSH) – Kopitar – Vrana

Arvidsson – Cooley – ?

Makar – Lindholm (BOS)

Heiskanen – Theodore

Orlov – Lindgren

Skjei – Krug

Il ? è nato perché si è optato nell’inserimento di un terzo portiere come precauzione: Markstrom dei Flames dietro ai due dei Bruins, Ullmark e Swayman. Ve l’avevo detto: c’è dell’esaltazione, viene da prendere in mano una vera e propria squadra. Scrivendo questo breve pezzo, cosí inutile e stupido, per qualche breve momento c’è stata della sana convinzione che si stesse scrivendo qualcosa di utile per qualcuno. Cosí non è, come non lo sono questi giochi. Detto ció, se seguirete questi consigli dormirete sicuramente sonni tranquilli: perderete, fallirete senza miseria ma con il sorriso in volto.

Quasi tre settimane di oblio per l’avvicinamento all’Olimpo

La prima metà di Ottobre è un periodo difficile, storicamente complicato per un appassionato medio e medio ignorante come il sottoscritto. E’ il periodo in cui, di prassi, inizia la stagione regolare della NHL. Il campionato più importante e ambito al mondo, quello dove trovi i dolci più buoni, quello in cui ogni squadra potrebbe dire qualcosa, bla bla e bla, ancora bla. Le solite menate, le solite frasi fatte per un prodotto che in Italia viene pubblicizzato quanto un paio di scarpe di un negozio nascosto dietro un angolo cieco di una città fantasma. Partendo da questo punto, quindi dalla presenza ma allo stesso tempo dall’assenza di tale lega nel nostro ampio palinsesto sportivo, i primi problemi sorgono dal cercare di capire come funzionerà il league pass ufficiale. Se in NBA sai cosa andrai a vedere, come lo vedrai e quanto esattamente dovrai sborsare, ogni anno l’appassionato hockeystico si ritrova in un limbo fino a pochi istanti prima dell’ingaggio iniziale. Diciamo che la promozione delle alte cariche d’oltreoceano non è da copiare, basterebbe seguire conversazioni sul forum di HFBoards per capire quanto la tendenza autodistruttiva sia presente in ogni angolo del mondo. Si potrebbe finire a parlare delle disastrose app nelle varie piattaforme, della visione in differita con nessun taglio ed un polpettone di più di tre ore in cui bisogna lavorare di fino, dell’evaporazione di certe partite per qualche accordo terzo, dell’incapacità di capire se l’anno successivo potrò usare ancora quella piattaforma o sarà trasportato tutto in qualche app thailandese. No, vi basti sapere che è sempre un casino. Ci sono dentro da più di un decennio e peggiora sempre di più, conviene quasi spendere 600 sacche per farsi il pass stagionale della ICE. L’esagerazione, questa bella bestia.

Tante critiche, noi umani siamo stupidi e grandi produttori di critiche per alimentarci, però quando il primo disco tocca il ghiaccio tutto evapora. L’amore prevale, l’interesse esplode: “Bedard ha già fatto goal? Cooley ci sta come secondo centro ai Coyotes? Kane è ancora senza casacca? Panarin si è rasato. Pinco pallino esploderà”. Così è, così sarà per sempre: la passione non si comanda. Ma cosa si cerca nelle prime battute di una stagione? In un sport come l’hockey su ghiaccio, contando pure la vastità delle squadre presenti in NHL, è difficile trovare lo stesso attaccamento che si può trovare con sport in cui i giocatori in campo sono molti di meno. Ognuno cerca di fare il suo piano, ora provo a spiegare in pochi punti quello che cerca di fare chi sta battendo a tastiera nelle prime battute di una nuova stagione regolare:

Si accetta tutto ciò che arriva

Questo è un punto molto importante, pur semplice, che denota quanto non si deve partire con paletti o prevenuti. Sappiamo tutti che ci sono squadre di alta fascia e squadre di bassa fascia, però nella cultura sportiva americana quelle di bassa potrebbero essere nel bel mezzo di un’interessante ricostruzione. Prendete l’esempio dei Red Wings attuali: nessuno pensa possano vincere la Stanley, però in queste prime partite stagionali stanno giocando veramente bene e sono passati dall’essere uno dei peggiori ad uno dei migliori attacchi della lega. Dati provvisori, siamo proprio all’inizio, quindi dando il giusto peso a tutto ciò sarebbe giusto dare il giusto peso, quindi nullo, al partire prevenuti contro determinate squadre. Accettate tutto, guardate.

Inizia l’affinità con qualche squadra in particolare

Di solito mi arriva dopo un mese, necessito di seguire con relativa costanza un determinato progetto annuale. E’ come se ti rendesse più partecipe, al posto di seguire tutto ma senza alcun tipo di interesse effettivo. Stranamente, non accade spesso nel personale caso, già dopo una settimana si è creata una sintonia con i Coyotes. Niente di estremo, come invece potrebbe essere stato quello con Jeff Skinner e gli Hurricanes di molti anni fa, ma partendo dalla visione del giovane Logan Cooley mi sono trovato di fronte una squadra molto interessante. Farà i buchi quest’anno, sono in piena ricostruzione, ma le partite viste mi hanno divertito e non poco: gioco propositivo, girano sempre veloci, hanno molti giocatori di cui apprezzo il bilanciamento fisico. Squadra da evitare nei back-to-back, poiché girando con costante velocità nelle seconda uscite sicuramente peccheranno di qualità ed interesse.

Il succo della conversazione è banale: visionate le partite, non andate solo di condensed.

Nikola Pasic: uno che ricorda un altro che ricorda un altro

Puoi ragionare, tenere a bada l’istinto, convincerti che ormai sono ventanni che segui tale sport e certe cose non devono accadere. Risse, fumogeni, cori da stadio con uso di torpiloquio? No, solo della semplice infatuazione per un giocatore mai visto fino a quel preciso momento. Travolgente, spesso inspiegabile, dovuta a qualche particolare o momentum preciso. Un’infatuazione che ti porta a seguire il giocatore nello spogliatoio, al bar, nella sauna mentre passa del tempo con la propria compagna.

Questa volta è il turno di Nikola Pasic del Lulea. Una delle piú classiche infatuazioni per chi scrive in questo misero blog, derivata dalla spunta ai seguenti particolari: corpo contenuto, rapido nello stretto, stecca sinistra, lunghezza del bastone un pelo accentuata rispetto all’altezza di 177cm che lo fa stare in piedi. Tutto condito da una tecnica non indifferente, quelle mani da fata che strizzano l’occhio. Sbaglieró, dopotutto sono un appassionato che ha opinioni atte a cogliere ció che lo appassiona, ma questi giocatori con altezze medie ma bastoni piú lunghi della media provocano un cortocircuito nel piccolo cervello che possiedo. Un cortocircuito benigno, sia chiaro, a costo di essere ripetitivo.

Pasic è giovanissimo, classe 2000, e per ora risulta forse piú famoso per il fatto di avere il cognome quasi uguale a quello di un noto allenatore di pallacanestro. L’altro serbo, il giovane svedese fatto e finito a meno di avi con legami balcanici. Bisognerebbe andare a suonare il citofono, imparare qualche parola in svedese per fugare ogni inutile dubbio. Quest’esperienza al Lulea potrebbe essere quella pagina che fa girare l’interesse verso il libro che si sta leggendo, contando che ha all’attivo giá un mezzo fallimento in SHL qualche anno fa. Viene da una portentosa stagione nella serie cadetta, chiusa ai quarti di finale ma uno dei fattori piú importanti in grado di migliorare una squadra che l’anno prima lottó per la salvezza.

L’infatuazione nasce anche, spesso e volentieri, per la capacitá di legare un giocatore ad un altro. In tale giocatore si è rivisto Andreas Johnsson, classe 1994 e fresco giocatore dei Penguins. Il succo è lo stesso: ala, fisico simile, stecca sinistra, rapiditá. Mettiamoci pure la stessa nazionalitá e l’attuale identico numero di maglia, il gioco è fatto. Completa egregiamente il senso dell’infatuazione.

Il ponte tibetano tra Svizzera e Italia

Cosí vicino, cosí distanti. Svizzera e nord Italia confinano, una parte della prima alle volte viene considerata parte integrante della seconda. Non si è mai capito se viene colta come un’offesa o no, poiché se l’Italia ha una storia cosí importante che tutti vorrebbero farne parte, da un’altra prospettiva, prettamente caratteriale e sociale, le due nazioni risultano quasi ai poli opposti. Quindi, oroglio oppure offesa? L’eterno dilemma.

Di certo c’è che se metti sullo stesso piatto l’hockey su ghiaccio dei due stati, gli elvetici tendono a lanciarlo fuori dalla finestra tale piatto. Giustamente, come fanno volare a gambe all’aria il tavolo ed offendono il responsabile di sale che gli ha fatto quello sgarro. Si parla di Universi differenti, in fin dei conti praticamente due sport diversi. Un paese dove tale attivitá è parte integrante della cultura nazionale, contro un paese dove di tale sport il ceto medio ha ricordi trentennali dovuti al passaggio di Silvio Berlusconi. Anch’io mi offenderei se paragonassero il tiramisú fatto dalla nonna a quello di un villaggio turistico estivo collocato in chissá quale paese.

Un minestrone di pensiero per dire che la NL è ai blocchi di partenza, con all’interno il giocatore prototipo che divide le due nazioni. Sono passati ormai dieci anni, quando Chris DiDomenico approdó in SL dopo aver giocato in Italia. Tanti i commenti negativi, la storia ha affermato il contrario.

NHL, batti un colpo europeo

Nelle ultime quarantotto ore ho passato gran parte del tempo disteso in un lettino, sotto un ombrellone, lungo la spiaggia di una nota zona balneare del nord est italiano. Il tempo passa, le letture abbondano, le natiche formano solide conformazioni su tessuti terzi ed il sole picchia in testa senza sosta. Questi raggi, piú nemici che amici, misti all’infinitá di tempo disponibile, ti portano ad aprire cassetti che dimentichi di aprire durante normali settimane lavorative. Oggi, dal nulla, mi è tornata alla mente una semplice domanda:

Come faró a vedere la NHL che inizierá a breve“?

Bella domanda, difficile risposta. Essendo rimasto alla notizia di un cambio di diritti per il Vecchio Continente, con un ritorno al game center della lega e non piú ad ESPN+, pensavo di trovare un dettagliato piano di acquisto vista l’apertura della pre-season nel giro di due settimane. Nada, nisba, risulta impossibile trovare degne notizie in merito. L’app della NHL offre error404 come noccioline, nessun portale è in grado di offrirti informazioni sul come devi procedere. Se non sai nemmeno il come, figurati se puoi scoprire il quanto pagherai per avere il servizio. Dispiace, perché un ritorno al passato credo sia una nota positiva: il servizio fornito da ESPN, almeno nel panorama europeo, lasciava vari dubbi e molti punti di domanda in quanto a fruibilitá del prodotto. Forse la memoria inganna, il tempo leviga ricordi senza un senso logico, ma pure la piattaforma ufficiale era diventata difficile, del tipo che le partite venivano caricate a blocchi interi, comprese pause e pubblicitá, tanto da far venire il nervoso ad ogni interruzione e conseguente avanzamento del video. Peró, come detto, forse la memoria inganna. Certo è che la NHL non sembra preoccuparsi molto di come propone il prodotto fuori dal confine d’oltreoceano, alle volte sembra seguirlo con cura ed altre volte no, come in questa mancanza di informazioni cosí importanti per il malato medio europeo.

In un’epoca in cui il denaro regna sovrano, fa strano vedere che un mercato cosí grande non ha ancora comunicato quanto dovrai pagare per il tuo atto d’amore.

L’ennesima voglia non sensata di parlare in russo

L’inizio di Settembre è un periodo di grandi progetti per l’appassionato di hockey su ghiaccio: dopo mesi di astinenza, torna ad assaporare il cibo ed inizia a vaneggiare su quante cose nuove seguirà nel corso della stagione che sta per partire. Non è mai andata e non andrà mai in porto alcuna buona intenzione, perché il panorama è così ampio che alle volte ti ci perdi pure senza volerlo.

“No beh, quest’anno devo seguire il campionato svizzero”.

“Ma stai scherzando? Quest’anno seguirò con regolarità il campionato svedese”.

“Il panorama ceco? Sfondi una porta aperta, quest’anno lo seguirò con attenzione”.

Difficilmente accadrà, puoi resistere con l’intento per qualche mese. Lo affermo con cognizione di causa, la sfida è ardua. Alla lunga cedi, è fisiologicamente impossibile: a metà stagione sei sul divano o sulla sedia di un palazzetto a seguire con fatica la squadra del cuore. Non proprio così, però vivi in una montagna russa: a Settembre sei gasato, a metà stagione ti chiedi perché lo stai facendo, nei momenti caldi di fine stagione ti convinci che non ci sia niente di più bello al mondo. Chi scrive esagera, troppo: scrive calendari, apre agende, analizza dati, studia le pieghe delle maglie e a Novembre si pone sempre il solito dilemma: “Credo di aver perso molto tempo”. Ogni anno così, sembra di vivere in un girone dantesco.

Questo articolo ho deciso di scriverlo perché guardando qualche calendario, giusto per fare un fittizio programma di visione, mi sono reso conto che la KHL è già iniziata da tot ore da quando batto lettere su tale foglio. Simpatico il fatto che me ne sono accorto con eccessivo ritardo, quindi il ragionamento fatto risulta ancora più insensato: “No beh, quest’anno voglio seguire con una certa regolarità il campionato russo”. Nemmeno sapevo che l’ingaggio iniziale era il primo Settembre ma la colpa è della stampa, di certo non mia. Dannata ironia. Penso sia più forte di molti di noi: la voglia di seguire tutto, la passione che prevale oltre la ragione. Poi ti scontri con la realtà: la famiglia, il lavoro, le pulizie domestiche, la spesa, il bricolage, l’assicurazione da pagare, il giro in posta, le scartoffie, l’infinita routine della vita che ti toglie tempo. E così, da un momento all’altro, fai fatica a trovare il tempo per sederti sul divano. I propositi diventano un bel ricordo, così arrivi a fine Ottobre ponendoti strane domande: “Ma dai, giocatore X è finito a giocare in squadra X”. Capita che ti sfugga l’ovvio, pure con regolarità e detto da qualcuno che si sveglia guardando Eliteprospects. Fate voi.

Lasciate da parte le questioni politiche, l’hockey made in Russia è sempre coinvolgente e gustoso da vedere. Alcuni la pensano diversamente, differenza di vedute.

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