Meglio lo shopping che questi Washington Capitals?

Quanto successo durante le ferie, quindi la visione di una partita dei Washington Capitals, è un qualcosa che non sono stato bene in grado di digerire ed allo stesso tempo abbandonare. Per questione puramente parallele, ultimi mesi poco presenti come spettatore di questo sublime gioco. Detto ciò, alcune dinamiche si sono seguite e tra esse il viaggio travagliato di Ovechkin & Co. Un legame di simpatia mai sciolto, culminato con quella Stanley del 2018, però è dura guardare una squadra del genere pensando a quel gioco che offrì nel decennio 2008-2018. Squadra brutta da vedere, si fa fatica a restare sintonizzati dall’inizio alla fine delle gare, quindi potete ben immaginare i pensieri che sono passati in questa piccola mente durante la visione di Capitals vs Flyers, quest’ultima un’altra degna rappresentante delle cose da evitare, non visionare, nascondere nel cassetto.

Metto uno screenshot di Wizards vs 76ers, una sfida sicuramente più interessante dell’ultimo Capitals vs Flyers. Ed è tutto dire, conoscendo il valore degli Wizards.

Qua si scherza, però è stata dura portare a compimento il match. Il problema, come ho notato nel corso degli ultimi mesi, si ripete di continuo e bisogna un attimo capirne il motivo. Se con i Flyers qualche volta ci si emoziona, è pur sempre la squadra con il miglior % di PK ed in grado di fare un sacco di reti in inferiorità numerica, con i Capitals è sempre la solita storia: noia, tanta noia, errori di impostazione con estrema costanza, noia, ancora tanta noia. Lo sappiamo che è una squadra vicina alla ricostruzione e con molte assenze importanti, quindi il fatto che porta comunque a casa degni risultati è una verità che, sinceramente, mi fa paura. Mi spiego: non me ne voglia Ovechkin ma in una situazione del genere, quindi con dei risultati che arrivano ed un’aperta lotta per la post-season, si cavalca un’onda di gioco, personalmente nociva, per spremere le ultime arance senza alcun nobile fine. Volete dirmi che puntano ad un’altra Stanley? Tutto può essere, non tanti lustri fa Montreal-Philadelphia si sfidarono alle Finals di Conference con le seed otto e sette, ma scenderebbe sangue dagli occhi se i ragazzi guidati da Spencer Carbery arrivassero a giocarsi anche solo la coppa del nonno. Sarebbe bello che questi Caps iniziassero il processo di rebuilding, nutro molta curiosità in tutto ciò, però capisco che non sia possibile nella modalità più sfrontata proprio per la presenza del grande otto russo. La storia è sul varco ad attenderlo, impossibile non aiutarlo pur sacrificando alcuni anni di visione futura. Però andiamo per gradi, proviamo a spiegarci e capire il motivo per cui questa Washington non merita di essere vista.

Intrattenimento

Come già accennato varie volte in questo articolo, cogliete l’ironia, non è una squadra che intrattiene. Sembra che le partite, sia vinte che perse, vadano da una parte o l’altra senza un vero e proprio motivo se non per la noia. Mi spiego: i Caps sembrano cavalcare un’onda di gioco, perennemente piatta e priva di venti contrati o favorevoli. E’ difficile spiegare ma sembra che i risultati arrivino più in base alla reazione degli avversari, del tipo: “Non ci interessa, vincetela pure perché siete noiosi e non vogliamo contrastare questo mood. Ci interessa, ora vi smontiamo pure i mobili dell’ufficio”. Partite amorfe, almeno quelle viste da chi sta scrivendo. Ovviamente non è così, Carbery risulta competente ed in grado di avere un’idea di gioco in prospettiva, però a livello di puro intrattenimento è arduo trovare punti di incontro. Lancio la provocazione: Mantha è il giocatore esteticamente più gradevole da vedere, fate voi, brutta questa.

Mancanze

Kuznetsov è l’ultimo, a quanto pare verrà messo negli waivers e se non preso da altri, impossibile visto il peso del contratto, verrà mandato in AHL per ritrovarsi o roba del genere. Ci sono giovani interessanti e godibili alla vista, però come si può essere eccitati da un roster se mancano diversi pezzi da novanta: Backstrom, Oshie, il già citato Kuznetsov. Problemi cronici, Backstrom ormai è un ex giocatore di un altro ex giocatore e la cosa dispiace e non poco, contando cos’è stato per WSH e anche per il ruolo di centro in quanto tale. Contratti pesanti: lo svedese è a 9,2 fino al 2025, TJ a 5,75 sempre fino al 2025, il russo a 7,8 anche lui fino al 2025. Possiamo capire che sono giocatori che mangiano una grossa fetta del cap, sommati a quello che farà Ovi fino al 2026: 9,5 all’anno, meritati per quello fatto ma pur sempre di un peso troppo elevato allo stato attuale delle cose. Pezzi da novanta dell’infermeria: Oshie non fa 60 partite di RS da quattro stagioni, mentre Nicklas da ben cinque. Capisco la difficoltà nel staccarsi da certi giocatori, sia per quanto dato ma più che altro per queste continue problematiche non in grado di portare un interessato mercato verso la capitale americana. Così, in questo strano ospedale, Pacioretty ci poteva stare. Anzi, viene da dire: ci doveva stare. Ironia.

Dati alla mano

Si tratta di una squadra che non eccelle in nessun dato: superiorità numerica, inferiorità, ingaggi, salvataggi, velocità di gioco, tiri in porta e via dicendo. Tralasciando B’Hawks e Sharks, due squadre che stanno facendo un campionato parallelo, i Capitals sono i peggiori in quanto a realizzazione: 2,63 a partita, sotto ad un’Anaheim ferma a 2,67. La situazione è comica, contando che in questa strana stagione quello che fa più fatica a segnare è proprio uno dei più eccellenti marcatori degli ultimi due decenni. L’età avanza, la qualità diminuisce e questa squadra ne è la degna rappresentazione. Pur non avendo anche una delle peggiori difese, è comunque nella parte bassa e la quattordicesima meno prolifica: 3,12 subite a partita, quindi con una differenza tra fatte e subite pari quasi a -0,5. Il loro mirabolante gioco, dinamico e privo di soste, porta Wilson&Co. ad essere una delle peggiori squadre in quanto a superiorità giocate: 163 in 59 partite, meglio solo degli Sharks fermi a 144, giocate con una % di realizzazione sempre da bassa classifica con il 18,4. Cala copioso sangue dagli occhi, datemi un dispenser così posso donarlo ad altri. Tirano pochissimo: 1605 in 59 gare, poco più di 27 a partita e meglio solo dei soliti Sharks, fanno dei Caps i quarti peggiori in xG. La verità è che non subiscono poi così tanto, essendo la tredicesima squadra che subisce meno tiri e la decima migliore in quanto a xG avversario concesso, però in questo piatto gioco espresso subiscono sempre più di quello che producono. In quanto a goalie si piazza a metà classifica, con una % poco inferiore al 90 in compagnia di Calgary e Buffalo. Viene da chiedersi: “Come fanno ad essere al limite della post-season, in grado di giocarsela”? Bella domanda. Bisognerebbe andare così tanto nel dettaglio che, sicuramente, non si hanno le competenze per farlo.

Composizione roster

Chi scrive ha sempre trovato i Capitals interessanti, nel corso degli ultimi quindici anni hanno giocato così tante stagioni di qualità, proponendo spesso dell’hockey di pura gioia, però ora come ora non c’è molto di interessante. Parlo proprio di giocatori, nessuno smuove sentimenti e la provocazione precedente di Mantha non era poi così tanta campata in aria. A conti fatti, proprio per movenze e gioco di stecca, l’ex Detroit è uno dei più gustosi da vedere. Protas? McMichael? Lapierre?Alexeyev? Per carità, buonissimi prospetti ma di certo non stiamo parlando di quando a Washington i prospetti erano Semin, Backstrom, Ovechkin. Grazie al cazzo, direte, giustamente. Per le poche possibilità a disposizione si sono mossi anche bene sul mercato: Strome e Milano davanti, per quanto il primo non sia una stella ed il secondo un bottom six; il giovane e di prospettiva Sandin dietro. Niente di che, una buona base per convincere qualcuno a venire a Washington? Dubito, dovranno sperare in qualcosa da pescare nei vari draft, perché da contratti pesanti in essere non ne tireranno fuori nulla. Wilson andrà in scadenza nel 2031, 6,5 all’anno da questa estate e con la nomea di non essere un diamante per cui altre franchigie potrebbero fare i salti mortali. La nota sicuramente più positiva, contando quanto hanno cavalcato l’onda dello zoccolo duro, è che nei prossimi draft avranno quasi tutte le scelte: nel 2024 saranno senza la seconda e la settima; nel 2025 ne avranno addirittura tre al secondo giro e mancherà solo un’altra settima; nel 2026 avranno tutto a disposizione.

Chiudendo il tutto dando un colpo alla botte: è meglio se accompagnate la moglie a fare shopping al posto di vedere questi Washington Capitals.

Blue Jackets : Freddy Krueger = Capitals : Jason Voorhees

Viene da dire: per fortuna che stanno terminando le ferie natalizie, così si torna a lavorare, poiché si stanno visionando delle cose al limite del penale. Come già detto altre volte, a costo di ripetersi per l’ennesima volta, il tempo libero porta bizzarre attenzioni a chi ha una passione, una voglia di mettere la faccia dentro a piccole fessure e guardare cosa c’è dentro. Due giorni fa, perché stiamo parlando di qualcosa iniziato più di quarantotto ore fa e terminato solo in questo momento, ho voluto iniziare un percorso complicato, tortuoso, complesso: la visione di Blue Jackets vs Capitals dello scorso 22 Dicembre, partita vinta dagli ospiti della capitale ai supplementari. La voglia di guardare qualcosa del genere, così distante da una piece di Broadway, è stata dettata da un semplice fatto: non sapevo nulla della squadra residente a Columbus, per me quest’anno un vero e proprio fantasma. Nessun articolo letto, nessuna chiara idea di nuovi pezzi a roster, nessuna informazione collegata a tale franchigia. Bene, mi sono detto, facciamoci del male.

Che fosse nella parte bassa della Eastern Conference mi era chiaro, non ero così fuori dal mondo, però non avevo mai fatto caso alle molte reti subite, la squadra che subisce di più nella Eastern. La cosa buffa della partita visionata è che di fronte aveva la squadra in grado di segnare meno reti dell’intera lega, seconda solo agli Sharks. Non servirebbe nemmeno sottolineare che gli stessi Blue Jackets, in quella classifica delle reti subite, sono secondi solo agli Sharks: 82 reti fatte dai Capitals contro le 78 di San Josè; 143 subite dai Blue Jackets contro le 155 di San Josè. Due mondi che si scontrano ed avendo visto altre partite stagionali di Ovechkin&Co era qualcosa che non mi lasciava molto tranquillo, perché oltre a fare poche reti creano anche poche occasioni da rete. Infatti, guardando a fatica la partita, è risultato chiaro in più frangenti: questi Capitals continuano a giocare all’apparenza blandi, più interessati a mantenere un lineare ritmo al gioco che fare qualcosa in grado di smuovere quelle dannate partite che giocano. Sono noiosi, dannatamente noiosi. Quello che mi ha sorpreso è che i Blue Jackets giocano, a folate ma giocano. Creano, muovono il disco anche bene in zona offensiva, infatti hanno una buona dose di tiri effettuati nell’arco della stagione: 1140, tredicesimi in tale classifica. Non sono male nemmeno in realizzazione, perché viaggiano con un 10,5% piazzandosi al quattordicesimo posto alle spalle dei Bruins. Il problema è che concedono tantissimo, sono il secondo peggior reparto arretrato e sempre alle spalle dei mitologici Sharks, in quanto a tiri subiti: 1333 in 39 partite, vuol dire ben 34,2 a partita. Tanti, troppi, contando che viaggiano con una % di parate inferiore al 90. Questo sta a significare, facile da capire, che sono la squadra che subisce più reti dopo San Josè: 143, quindi arrotondando 3,7 a partita. Washington, per dire, viaggia a 2,8 reti subite a partita, stiamo parlando di quasi una in meno a partita che, guardate, è proprio quella subita da Columbus ai supplementari che ha costato la vittoria. Si fa di tutta l’erba un fascio, in questo blog si è famosi per prendere alcune statistiche come nude verità, però era per far capire la differenza. C’è da dire che i Blue Jackets navigano su pesanti assenze e nella sfida contro i Capitals marcavano assenza tre dei giocatori più pagati: Laine e Roslovic in attacco, Severson in difesa. Oltre ad altri elementi che nemmeno sono stato bene a controllare, perché mi bastavano questi nomi per scrivere robe del genere per fare contorno.

E’ stata una partita che si è portata a compimento con molta fatica, dilatandola in vari spezzoni abbastanza brevi e non superiori alla mezz’ora di visione cadauno. Non consiglio visioni simili, mettono in dubbio molte certezze. Sorrido ancora sullo scontro di statistiche tra le due squadre, provenienti da due mondi opposti: squadra con poche reti fatte vs squadra con molte reti subite, di cui abbiamo già parlato; seconda squadra più giovane della lega vs seconda squadra più vecchia delle lega; sempre per quanto riguarda i tiri, Capitals con una delle peggior % di realizzazione contro dei Blue Jackets che subiscono un’infinità di tiri. Volevo continuare con altre notizie ma ho perso il filo, si è chiusa la vena creativa. Giusto così, perché tale partita non meritava nemmeno di essere visionata.

Arriva Patrick Kane, evapora Detroit

Con tutto questo tempo libero delle festività natalizie ed una piacevole voglia di andare ad analizzare qualche dato, nel corso degli ultimi giorni mi sono perso tra hockey-reference.com, naturalstattrick.com, capfriendly.com e siti simili. Pur essendo partito senza la necessità di trovare qualcosa in particolare, dopo un paio di giorni passati ad effettuare giri di pista senza alcuna meta ho cambiato idea, effettuato un rifornimento di pensieri: “No, ora punto dritto su qualcosa”. Tante le curiosità mai ben analizzate: dei Canucks così in alto, dei Capitals che segnano così poco, una Nashville che non calcola nessuno ma non la troviamo vicino al baratro. Devo dire che questi primi mesi di stagione regolare sono stati differenti rispetto a quelli degli anni precedenti: ho soffermato lo sguardo tanto su di una squadra, quest’anno i Coyotes, lasciando da parte le consuete e costanti ricerche a largo raggio. Fermo, di fronte allo schermo, ho deciso di andare nel dettaglio su uno degli avvenimenti più importanti di questo mese di Dicembre: il ritorno sul ghiaccio di Patrick Kane.

Frame di un video pubblicato su qualche pagina legata ai Detroit Red Wings

Come sapranno pure i muri di case in cui non risiedono appassionati di hockey su ghiaccio, dopo mesi d’attesa Patrick Kane è tornato nelle lega firmando un breve contratto ed indossando la maglia dei Red Wings. Una sorpresa, niente da dire, che si è portata dietro tanta attesa ed aspettativa. Fino ad ora non ripagata, siamo pur sempre all’inizio di un nuovo rapporto, però dal suo innesto nelle linee offensive Detroit è caduta a picco: nove sconfitte nelle ultime dodici partite disputate, dove una sola delle tre vittorie è arrivata nei tempi regolamentarti. Che Detroit sia una squadra schizofrenica l’avevamo già colto nel mese di Ottobre: tante reti siglate, un gioco frizzante ed aperto quasi al fato, tanto da avere pure una delle peggiori difese. Noi stiamo continuando a vedere questa squadra come una bella sorpresa, qualcosa per cui vale la pena accendere il game center e divertirsi senza alcun fine, ma dopo l’exploit iniziale è entrata, giustamente viste le minime ambizioni, in un vortice di alti e bassi. Abbiamo già detto che viene da un periodo negativo, fatto di infinite sconfitte, ma già tra Ottobre e Novembre arrivò qualcosa di simile: otto sconfitte in undici gare disputate, periodo pareggiato con sette vittorie nelle successive otto. Potrà succedere anche adesso? Tutto può succedere con tale roster, vien da dire, nel bene e nel male. Soffermandoci sul male, si è voluto andare nel dettaglio prendendo due casi ben particolari: il primo terzo nella recente sconfitta contro Minnesota e l’insensato terzo centrale nella prima uscita di PK88 contro gli Sharks.

Vs Wild – 28/12/2023, L 6-3

Basterebbe visionare i primi minuti di questo match per capire quanto questi Red Wings non siano sul pezzo, almeno non con costanza. Sembrano essere ben consapevoli di avere lampanti limitazioni difensive, tanto da non prestare la necessaria attenzione in tutto l’arco della gara. Come a dire: se giriamo bene in attacco la giriamo a nostro favore. Una verità che può andare bene in determinati momenti di una regular season, di certo non quando le altre franchigie entrano con i pattini allacciati o solo con un minimo di feeling. Nel solo possesso iniziale, quello che porta alla rete di Boldy dopo nemmeno 40” di gioco, Detroit è in grado di perdere il disco in tre differenti occasioni: allargano male in balaustra dopo l’ingaggio iniziale vinto; liberano male sulla sinistra difensiva, sbilanciandosi e lasciando Boldy libero di fronte a Husso; una volta usciti ed entrati nel terzo offensivo, perdono quel disco che costerà caro. Quello che avviene dopo è al limite del comico se uno vedesse la partita con fare innocuo: quattro dei cinque di movimento sono nel loro terzo difensivo, con solo uno appena fuori; l’uomo di Detroit che è su quello fuori cade nel terzo centrale; Boldy allarga da balaustra a balaustra, trovando EK; cade pure il difensore che dovrebbe andare a chiudere su EK, lasciando allo svedese la possibilità di far rimbalzare il disco in balaustra e riprenderlo in zona offensiva. Quale potrà mai essere stato il risultato? A seguire un fermo immagine, grottesco quanto iconico nel suo essere:

Una situazione simile ma con buco centrale ed un Marco Rossi in solitaria per metà ghiaccio, si ripresenta poco prima del settimo minuto di gioco. Senza nessun giocatore caduto ed un Husso in grado di fare muro, sventato il pericolo. Qua si scherza, la difesa di questa squadra deve essere vista come un cinepanettone, però c’è da dire che con il passare dei minuti la fluidità di gioco dei Red Wings, pur con tutti i loro problemi, è stata in grado di prendere in mano il tempo. Trovando il pareggio e limitando Minnesota, praticamente rimasta ferma ai tanti tiri iniziali. Il risultato finale ha dato favore a quelli confinanti con il North Dakota ma chi scrive, per sua stessa ammissione, non ha visionato tutto.

Vs Sharks – 8/12/23, L 5-6 OT

Per capire con estrema cura questi Red Wings, si consiglia di visionare il secondo drittel di tale gara. Detroit veniva da sei vittorie nelle ultime sette partite disputate, di mezzo la sola sconfitta per 3-2 in casa dei Rangers, quindi cavalcava un periodo di forma veramente esemplare. Tra queste anche una vittoria per 5-2 a Boston, qualcosa di cui vantarsi con gli amici di pub e con le fringuelle che si cercava di rimorchiare. Come già anticipato ad inizio pezzo, questa fu la partita dell’ingresso in squadra di Patrick Kane. Un trauma, con il giudizio del giorno dopo, perché potrebbe essere stata la pallina che ha mandato in tilt il flipper. Per i primi 10′ non succede nulla, anzi, si rischia di esagerare con l’ozio. Arrivi quasi all’undicesimo minuto, partono i botti: San Jose pasticcia e regala la prima rete, seguita da altre tre nel giro di nemmeno sessanta secondi. Sul game center, tra la seconda e la terza rete, viene fuori tale dato: nella stagione in corso, prima in tale statistica, per ben undici volte Detroit ha segnato due reti in meno di un minuto d’orologio. Viene da sorridere che in quei sessanta secondi verrà segnato pure il terzo, per essere esatti in 51”. Rarità, quasi sicuramente, ma la voglia di andare a cercare quante altre volte è successo un avvenimento del genere trova il tempo che trova. Vedendo una cosa del genere, anche se l’avversario vale quello che vale, ti viene da pensare una cosa: “Diamine, quando girano comunque sono belli da vedere, sono elettrizzanti, poi con un Kane in più c’è da divertirsi”. Avessi mai pensato qualcosa del genere. Sopra 4-0, Detroit guadagna pure un PP di 2′. Risultato? Due reti subite in superiorità numerica, con altri rischi nel corso del tempo, e la terza appena tornata la situazione di parità e con l’avversario libero appena uscito dal penalty box. Una poesia, un avvenimento celestiale. Gente finisce in carcere per molto meno, almeno questo penso. Il resto è contorno, come la rete del 4-4 di Sturm poco prima della seconda sirena, perché il quadro è stato già dipinto. Pronto per il Peggy Guggenheim.

Non si sarà offeso il GM Steve Yzerman per questo articolo, noto ed illustre lettore di questo inutile blog. No, lui è a conoscenza del fatto che Detroit è un progetto a lungo termine, solo nelle fasi iniziali della sua esistenza. Puoi mettere un Kane in più, risultare l’attacco più prolifico della lega ma alcuni dato sono fatti per far tornare tutti con i piedi per terra: ha il sesto tetto salariale più basso dell’NHL e l’attacco, quello di cui tutti parlano e tralasciando il Perron ed il Kane della situazione, ha un’età media inferiore ai 26 anni.

Oltre i 70, tanto per l’Asiago quanto per Tampa Bay

Nell’azienda in cui lavoro stanno effettuando della manutenzione che mi ha concesso di stare a casa un paio di giorni, cosa a dir poco gradita ma pericolosa per la vastità di tempo libero a disposizione. Quando si presenta tale tempo libero, in periodi dell’anno freddi o comunque poco propensi a concederti giornate all’aperto in compagnia di bricolage o altro, tendo ad occupare le ore con un mix di cose utili ed inutili: lavori domestici intervallati da letture sulla criminalità organizzata; regolazione delle pastiglie della bicicletta mista a sterminio di cavallette adagiate su balconi in legno; immancabile lettura del quotidiano seguita dall’ascolto dell’ultimo album black che non si calcola nemmeno la madre di chi quell’album l’ha concepito. Ogni cervello umano macina, quello del sottoscritto fa fatica a rimanere in stand-by a fissare il soffitto o un inutile programma televisivo pomeridiano. Il pericolo del vasto tempo libero a disposizione arriva quando pronuncio tale frase: “Vado al computer a fare una ricerca”. Per chi la sente è una condanna, perché sta a significare che la mia latitanza potrebbe durare ore, giorni, settimane, forse mesi. In poche parole dovranno venire a prendermi, perché tali ricerche partono da una semplice base e finiscono con il prendere n^n strade secondarie. Alle volte mi fermo da solo, non capendo più dove cavolo mi trovo. Cose che ho già detto in passato ma sembra più che giusto ribadirlo, poiché chi proseguirà tale articolo troverà un piccolo delirio di una mente umana alla ricerca di un qualcosa di indefinito.

In questa occasione la ricerca voleva riguardare la ICE, lega in cui militano Asiago, Val Pusteria e Bolzano. Il fine era quello di produrre un secondo capitolo della rubrica “Vall(at)i di lacrime”, dedicata al percorso dei giallorossi in questa seconda annata nella lega, dato che il primo scritto batte già cinquanta giorni di vita. Contando che il grosso problema della formazione allenata da Tom Barrasso è la difesa, anche se tutto il resto dell’impalcatura è a dir poco piena di ruggine, sono andato a visionare i plus/minus dei rispettivi giocatori. Con poca sorpresa, veramente poca, ho notato che il secondo peggior giocatore dell’intera lega è un giocatore che ha avuto la C sul petto durante l’assenza di Magnabosco: Lorenzo Casetti, valore -16. Cosa sta a significare? Che con lui in campo è una condanna, un travaglio, una morte cerebrale. Non c’è un singolo giocatore dell’Asiago che viaggia con un plus/minus superiore allo zero, poiché a questo valore sono fermi Rapuzzi (che gioca sempre) ed altri elementi di contorno (non sempre utilizzati). Anche il Vienna è sulla stessa identica barca dei veneti, mentre il Graz, nonostante le dieci reti subite in più, ha dei giocatori con un +/- decisamente positivo. Cosa sta a significare? Probabilmente l’Asiago spalma la mediocrità della rosa in tutto il suo essere, mentre il Graz ha dei picchi più alti ma dei bassi molto bassi, tendenti all’abisso.

Arrivati a questo punto è sorto il problema, quello che ha fatto saltare il banco. Volevo continuare la ricerca prendendo i tiri subiti dai vari goalie di queste formazioni da bassa classifica, parametrare tutto con altri dati e cercare di trovare un punto, qualcosa su cui ragionare. Però, come qualsiasi portale poco rispettato e in cui le raccolte dati lasciano il tempo che trovano, si è incappati in qualcosa di grottesco: per i Capitals sono presenti solo i dati di Stefan Steen, quello che possiamo considerare il peggior goalie fino ad ora, però lo svedese ha giocato 19 delle 22 partite disputate dal Vienna. Le altre tre? Non è presente alcun dato, goalie fantasma, quindi non è possibile dedurre quanti tiri effettivamente ha subito nella sua totalità la squadra della capitale austriaca. Si ride per non piangere, ormai è una costante. Alla fine sono passatempi, trovano il tempo che trovano, quindi si finisce sempre a concentrare il tempo libero nello studio di ciò che succede oltreoceano. Traslando la ricerca in un altro Continente, vista l’impossibilità di farla in casa propria, sono andato a capire chi potrebbero essere le Vienna, Graz ed Asiago della NHL. La questione è un pelo differente dall’altra parte, perché essere in fondo ad una determinata classifica non sta a significare di essere una squadra scarsa.

L’occhio è caduto sui dati di quella che considero la franchigia più pazza ed esaltante dell’ultimo decennio: Bolts. Una società che, anche nelle avversità, sembra trovare sempre una strada di riuscita, atipica o impervia, per smentire tutti. E’ la squadra che ha subito più reti della Eastern Conference, ben 74 in 21 uscite, e con un back-up forzato che peggiore non si poteva trovare, solo Georgiev degli Avalanche para peggio di Jonas Johansson e tutti e due sotto il 90%. Lo svedese è il portiere che subisce più tiri nell’intera lega, 490 in 17 uscite contro i 435 in 15 di Blackwood degli Sharks, quindi oltre ad un pessimo portiere si trovano pure una difesa un filino poco protettiva. Quest’ultimo punto non deve sorprendere, il gioco dinamico ed offensivo di Tampa ha la grossa variabile del pericolo dietro l’angolo, e fa capire come certe banalità possono risultare delle solide verità in momenti del genere: Vasilevsky è Dio, cementifica e dona tranquillità al terzo difensivo; quando manca cade quasi il palazzo. Si può notare che l’unico difensore solido di questa prima parte di stagione, almeno per quello che possono dire le statistiche, è Darren Raddysh: con un contratto annuale sotto il milione fino al 2026, sembra essere l’unico in grado di bilanciare le linee in cui è presente. Gira prevalentemente con Sergachev, è la linea più usata con 9,4 minuti a partita, e pur subendo meno tiri di quanti ne producono realizzano veramente poco, poiché con loro in campo la squadra ha segnato 4 reti e subito ben 15 teghe. Raddysh gira pure 6,2 minuti a partita con de Haan, un’altra linea con valori positivi: 49 tiri fatti e 46 subiti; 115 tiri corsi fatti e 92 subiti. Gira poco anche con Hedman, nemmeno 1.8 minuti a partita, e pure in questo caso i valori sono positivi. Possiamo dire che uno dei difensori meno pagati, meno risonanti, è il solo che prova a dare una stabilità ad un reparto che sembra vivere di attuale anarchia, libertà di pensiero, spensieratezza. Prima di smettere con il puntare il dito contro il reparto arretrato dei Bolts, altro dato inquietante: è la quarta squadra che concede più tiri in porta dell’intera lega, dietro solo a Sharks/Blue Jackets/Canadiens, con ben 667 e quindi 31,8 a partita. Se noi andiamo a prendere i tiri concessi nella sua totalità, quindi compresi quelli mancati o bloccati, il conteggio sale a 1240. Decisamente inferiore a tutte le altre citate in precedenza, però spostandoci e guardando il tutto da un’altra prospettiva si può intuire un’altra cosa: se ne concedono molto meno nella sua totalità ma a livelli più o meno simili in porta, ciò sta a significare che proteggono male la gabbia. Vero, infatti quasi il 54% dei tiri che concedono agli avversari arriva nel range di Johansson, valore decisamente superiore a tutte quelle squadre nominate in precedenza: Blue Jackets 48%, Canadiens 51, Islanders 49,2 e i derelitti Sharks al 50,5. Per chiudere questo infinito blocco sul reparto arretrato, diciamo pure che è una delle migliori squadre in PK: 84,4%, valore molto alto. Ma come? Che diavolo sta succedendo? Contando che ha pure uno dei PP migliori della lega, vuol dire che in situazioni di parità numerica, a livello difensivo, concede troppo, veramente troppo. Infatti, in 5vs5, è la seconda peggior difesa della lega con 53 reti concesse. Peggio solo i famosi Sharks, fermi a 57.

E perché la consideriamo una squadra in grado di uscire e vincere pure in situazioni così atipiche? Il suo gioco, così debole dietro ma dinamico, gli permette di essere il miglior attacco della Eastern ed il secondo dell’intera lega, dietro quello degli inarrivabili Canucks. Una squadra pazza, una filosofia tutta loro, che quasi sicuramente gonfierà il petto una volta tornato il muro russo.

La variabile impazzita del Fenwick in casa Hurricanes

Ogni stagione inizia con mille interessi, seguita da una lampante difficoltà nel seguire anche il più ridicolo condensed di pochi minuti. Di base è così, ti ritrovi a dovere ritagliare del tempo prezioso per vedere delle partite di hockey su ghiaccio, del tipo che la moglie/compagna ti guarda ed esclama: “Merda, sono messa male se continuo a condividere la casa con te”. Verrebbe da dire la stessa roba rivolta a loro quando ti trascinano in luoghi tetri, come possono essere i camerini di noti negozi tutti uguali tra loro, ma resti zitto e ti rendi conto che gli Hurricanes stanno avendo dei problemi di stabilità. Ero in una sagra di paese, appoggiato ad un palo della luce, quando mi sono reso conto di certi dati riguardanti la franchigia di Raleigh: è la squadra che crea più tiri, e di gran lungo, dell’intera lega; è la squadra con la minore % di salvataggi, qua non di gran lungo ma pur sempre in fondo al barile, dell’intera lega. Una cosa e il contrario della cosa stessa, anche se le due realtà possono coincidere alla perfezione se la prima viene utilizzata con egregie modalità. L’altro problema è che non avviene nemmeno questa, poiché pur essendo la squadra con il maggior Corsi (mix di tutti i tiri: bloccati, sbagliati, in porta) è solo la terza squadra che segna di più, insieme a quei Canucks che sono in quella posizione pur tirando la bellezza di cento volte in meno dei Canes. Due mondi diversi, lontani all’apparenza anni luce. Può essere un problema, non concretizza così tanto come crea, comunque è uno dei migliori attacchi del campionato. Quindi no, il vero problema non è nemmeno questo. Qual’è?

L’aggiunta di Dimitri Orlov non ha certo offerto stabilità difensiva, ha aggiunto un talento in impostazione ma di certo non ci troviamo di fronte a Chris Pronger, ecco, per capirci. Contando che lo sbilanciamento era già pronunciato con altri elementi presenti a roster, viene da immaginare che il pensiero della dirigenza è stato bello nitido: all-in, sbilanciamoci, offriamo gioco spumeggiante e proviamo a farne uno più degli altri. Se ti soffermi a guardare questo inizio di stagione degli Hurricanes, è proprio quello che traspare: con il disco sono in grado di fare quello che vogliono, sembra di vedere un flipper in sala giochi, ma il problema subentra quando calano i momenti di joga bonito, che in una partita ci sono sempre. Sembra una squadra distratta, non solo a livello difensivo, perché anche nei momenti da flipper sono così tanto automatici che alle volte sembrano sbagliare per noia, per ripetitività, come se fossero in una catena di montaggio. In queste prime partite hanno avuto entrate ed uscite a roster, non sono mai stati sempre gli stessi, però è un roster così collaudato che nemmeno serve, se vogliamo essere onesti fino in fondo. Ha tutti i lineamenti di una squadra che viaggia con il pilota automatico della regular season, dove basta mantenere un determinato numero di vittorie e se ne arrivano tre in più o tre in meno poco cambia. Certo, fa sorridere vedere una formazione ai primi posti in reti segnate e all’ultimo in reti subite, questo poco ma sicuro. Se prendiamo i dati del Fenwick a favore in situazione di 5vs5, quindi una somma di tiri in porta e sbagliati, è nettamente prima con 377: ciò sta a significare che converte meno del 10% di ciò che crea, non il massimo se vogliamo andare nel politicamente corretto. Se prendiamo lo stesso Fenwick ma prodotto dagli avversari, è una delle migliori dieci squadre della lega: ciò sta a significare che sì, ok, concede meno della media, ma essendo la peggiore difesa, con la bellezza di 37 reti subite, vuol dire che difende male, sia per una difesa precaria o per dei portieri non ancora sul pezzo. Infatti, come già accennato, la coppia di goalie para con un misero 85,8%, quindi sta a significare che quasi il 15% dei tiri che subiscono finiscono in porta: la peggiore della NHL, anche dietro a quegli Oilers sbeffeggiati da tutti e che si fermano all’86,7%.

Questi sono dati che contano il giusto, anche se offrono un quadro di sistema abbastanza veritiero in questo caso. Avendo visionato alcuni spezzoni delle ultime tre partite contro Kraken, Flyers e Sharks, tutte e tre vinte dopo ben tre sconfitte di fila, la sensazione è stata proprio quella descritta in righe precedenti: una squadra bellissima da vedere, divertente quando si accende, ma da prendere con le pinze perché da un momento all’altro può concedere prateria. Anche contro gli Sharks, squadra di bassa classifica come poche, ci sono occasioni in cui hanno rischiato molto, lasciato un raggio di tiro molto ampio all’avversario. Giusto per chiudere, facciamola finita altrimenti devo fare il funerale alle dita, com’erano gli Hurricanes dell’anno scorso? Uguali a livello offensivo, era la squadra che creava più tiri in porta, ma a livello difensivo era su un altro livello. Finì la stagione con il miglior Fenwick a sfavore della lega, quindi di conseguenza la squadra che fu in grado di concedere minor tiri in porta agli avversari. Sono passate poche partite, non si possono tirare somme così sbrigative, ma volete dirmi che la presenza di Orlov sia in grado di spostare così tanto l’asse?

Schira e la sbagliata scure

È da giorni che lo penso, sono rimasto in quel perenne limbo in cui non si riesce a capire se vale la pena scrivere due righe su tale convinzione o no. Dopo cosí tanto tempo, ormai la notizia trova il tempo che trova e sará stata dimenticata pure dai diretti interessati, lancio la convinzione che mi tormenta da svariate notti: non reputo opportuna la sospensione inflitta a Craig Schira. Il fatto è noto a tutti: dopo 20” nella sfida tra Graz e Klagenfurt, l’esperto difensore ha effettuato una carica scorretta, alla testa, rimediando un 5+20 e successiva squalifica di una partita per la gravitá del gesto.

Se solo chi leggesse tale blog sapesse che tipo di ideali possiede chi batte a tastiera, saprebbe che un’affermazione del genere risulterebbe atipica e stonata alle orecchie in ascolto. Il miraggio di un gioco privo di contatti gratuiti, garante cosí di uno stile di gioco piú fluido, era diventata quasi una crociata in tempi non sospetti. Una crociata in solitaria, sia chiaro, non giravo con banchetti in piazza e penne per firmare pezioni. Ora, dove la fluiditá è diventata pure troppo marcata, mi trovo in un eterno dilemma: dove si trova il giusto compromesso? Di certo, come si è capito, non nella penalitá inflitta al difensore del Graz. Non avrei mai pensato di dirlo ma la reputo una grande stronzata, un’esagerazione derivata da quella voglia di limitare il gioco in determinati contesti. La voglia di tutelare il giocatore offensivo mi puó andare bene, ci adattiamo al mutamento del gioco con il tempo, peró sarebbe opportuno non trovare il pelo nell’uovo. Il pelo sarebbe che il difensore, con un movimento a salire, avrebbe cercato la testa dell’avversario. Se voi recuperate il video, con estrema onestá di pensiero, potete percepire la differenza di entrata in gara dei due giocatori: uno convinto, pronto a chiudere una carica spalla a spalla; l’altro tranquillo, con pochissima attenzione di postura nella liberazione del disco dopo soli 20″ di gioco. Chi il fischietto lo usa con costanza dirá che risulto un pirla, un gufetto da tastiera, e potrebbe avere piú che ragione. Il fischietto non l’ho mai preso in mano, non saprei nemmeno che suono emette a pochi centimetri dalle orecchie, peró tra le mani avevo questa convinzione di cui volermi liberare.

Attuali giovani finlandesi che non decollano oltreoceano

Pur avendo fatto la seguente ricerca per un contenitore specifico riguardante l’hockey su ghiaccio, voglio riportarla pure in questo piccolo blog a conduzione famigliare. Una ricerca che mi ha lasciato perplesso, quasi sbigottito, perché pur avendo un’ossessione al dettaglio è figlia di una notizia che avevo completamente evitato, non visualizzata come quando ti manda dei messaggi qualcuno con cui non simpatizzi: nell’ultimo primo giro del draft NHL non sono stati scelti finlandesi, come nel 2021. Voglio ampliare l’articolo, per ora faccio un copia-incolla di quello prodotto per altri:

Perdendo tempo tra statistiche e notizie di contorno, ci si è resi conto che nel primo giro dell’ultimo draft NHL non è stato chiamato alcun giocatore finlandese. Un qualcosa accaduto pure nel 2021, due volte in poco tempo dopo che per un decennio non era mai successo. Un dato strano, inaspettato, contando che la nazionale finlandese viene da due ori mondiali negli ultimi quattro anni.

E’ vero che i mondiali sono un capitolo da leggere con estrema cura, i giocatori chiamati in causa cambiano di continuo e difficilmente risultano essere quelli di maggior caratura, però il fatto che dai tavoli disposti a Nashville non sia stato chiamato alcun finlandese fa aggrottare la fronte. E’ vero che nell’ultimo periodo il panorama svedese offre maggiore cassa di risonanza oltreoceano, basti vedere che alcune partite della SHL vengono passate pure su determinate reti come ESPN, però siamo sempre stati ancorati ad una certezza: Svezia e Finlandia si dividono la fetta per offrire maggiori talenti al campionato più blasonato del mondo. Un must europeo, come mettere i piedi sul pavimento una volta alzati dal letto la mattina.

Se ci basiamo su un campione specifico riguardante gli ultimi dieci anni, la situazione sembra abbastanza cambiata: la Finlandia ha portato ventritré giocatori al primo giro, la Svezia ben quarantuno. Quasi il doppio, con la marcata differenza degli ultimi anni: dal 2019 ad oggi, quindi in quattro edizioni, di finlandesi ne sono stati scelti sei, un dato che la Svezia ha pareggiato con solo l’ultima tornata. La Svezia viene da tre draft con ben sedici prospetti selezionati, sei nelle edizioni 2021 e 2023. Si è creato un solco, bello netto, come per le due leghe rappresentanti tali nazioni: se una volta Liiga e SHL potevano essere messe quasi alla pari, ora come ora la seconda è collocata in un piedistallo sicuramente maggiore rispetto alla prima. Offrono un gioco simile, veloce ed in grado di esaltare la tecnica personale, ma a dei livelli decisamente differenti.

Ritornando al concetto dei piazzamenti mondiali delle due nazioni, questo drastico calo di finlandesi non ha molto senso: i due ori di cui si è già parlato, tre medaglie d’argento e due quarti posti nell’ultimo decennio. Dati di un certo spessore, da nazionale d’elite, contando che la Svezia la possiamo mettere quasi allo stesso livello: pur vero che ha vinto tre ori, due di fila nel 2017 e 2018, ma ha raggiunto solo un’altra volta il terzo posto ed in tutte le altre edizioni non è stata in grado di saltare l’ostacolo dei quarti. Se i talenti venissero scelti solamente da questi dati anche la vostra nonna avrebbe fatto parkour a 90 anni, però contando che gli americani sono in grado di ragionare a massimi sistemi prefissati il paragone non sembra nemmeno tanto esagerato. Poi, vanno bene le scelte di questo o di quell’altro, però alla fine conta quanto questi giocatori sono in grado di giocare a quel determinato livello. Lanciamo una provocazione: che sia colpa di Kaapo Kakko?

Stranamente ho ricevuto un messaggio, un evento più unico che raro: “Non ho capito la storia di Kakko”. Si tratta di una battuta, una provocazione quasi sarcastica, perché da quando è stato scelto tale giocatore il mondo dell’hockey finlandese sembra quasi visto in modo differente. Per chi non se lo ricordasse, l’ex TPS è stato da molti considerato, almeno nel primo periodo, una vera e propria steal alla seconda chiamata, perché sempre per questi aveva dimostrato di essere un prodotto già pronto. Avevano ragione, in Liiga spaccava il campionato a cavallo della maggiore età, mentre il ventinovesimo fratello degli Hughes dominava ma solamente in un contesto giovanile, e possiamo dire chiuso, come quello della nazionale americana. Sono passati gli anni, entrano entrambi nella quinta stagione in NHL, e la questione è leggermente cambiata: un finlandese che continua a non dare quello che tutti si aspettavano, anche se migliorato nella recente stagione, ed un americano che è diventato uno dei giocatori più talentuosi e belli da vedere del panorama. Da questo motivo la provocazione: il flop di KK ha portato molti ad evitare le scelte di finlandesi? Ovvio che no, sarà un periodo, però i dati di confronto tra Svezia e Finlandia sono impietosi. Per chiudere questa inutile ricerca, tanto di contorno quanto poco letta dall’essere umano, a voi la lista di questi finlandesi pescati nell’ultimo decennio:

2023nessuno
202217a – Joakim Kemell (inizierà la prima stagione intera in AHL)
30a – Brad Lambert (seconda stagione oltreoceano, notevoli dati in WHL nel 2022/23 ma ancora acerbo per la AHL)
2021nessuno
202012a – Anton Lundell (già 138 presenze con i Panthers e quasi 100 punti)
20192a – il già citato Kaapo Kakko
19a – Lassi Thomson (da tre anni sale e scende dalla AHL per i Senators)
20a – Ville Heinola (stesso discorso di Thomson ma con i Jets)
20183a – Jesperi Kotkaniemi (uno dei migliori centri difensivi, come giovane età, della NHL)
20a – Rasmus Kupari (tre anni di sali e scendi con i Kings, ora passato ai Jets dove troverà Heinola)
2017ben 6 scelte: Heiskanen è uno dei migliori difensori offensivi della lega; Vesalainen già dal 2022 è tornato in Scandinavia; Jokijarju e Tolvanen si sono stabilizzati nelle loro squadre
20162a Laine e 4a Puljujarvi; Juolevi alla 5a continua ad essere più un difensore da AHL; Borgstrom da questa stagione è andato in SHL con l’HV71
2015una sola scelta: la 10a di Rantanen, un giocatore che non serve descrivere
201414a – Julius Honka (tornato in Europa dal 2019, ora al Berna)
22a – Kasperi Kapanen (fisso in NHL, possiamo dire ala da terza linea in contesti serie: Toronto, Pittsburgh ed ora St. Louis)

La fortezza ZSC, alta ed armata

Non avrei avuto cosí tanta frenesia di scrivere dello Zurigo, dopotutto è quella grande bestia che arriva al campetto e ti manda in vacca l’intero pomeriggio. Domina, fa la voce grossa con apparente facilitá, non prova molto rispetto per l’avversario. Non è che sia proprio cosí questo Zurigo, peró avendo un roster da bave alla bocca tende a farsi vedere con uno sguardo torvo. È carina, la ragazza che guardi sempre prima di entrare in classe, ma collocata in un piedistallo cosí alto e difficile da raggiungere che per inerzia inizi a disprezzare. No, ancora no, lo Zurigo non lo vedo cosí ma molti, presumibilmente, sí. È facile da capire, difficile da amare.

Per la seconda volta, in questo inizio di stagione, ho voluto guardarlo con un minimo di attenzione. Da amante del gioco, mica da professionista analista che non capisce il motivo per cui ancora nessuna squadra d’oltreoceano gli abbia mandato un’email di arruolamento. È forte questo dannato Zurigo, dannatamente forte, forte in modo dannato. È in grado di mettere le mani sulle partite con estrema facilitá, in questo caso a Berna grazie ad un forecheck iniziale da primo della classe. Oltre a ció, offre l’impressione di essere in grado di non farsi mai fregare se ben concentrato: intercetti in zona neutra, copertura totale del terzo difensivo, tranquillitá nell’impostazione. Cosí tanto sicuro dei propri mezzi che ad un certo punto ho iniziato a voler carpire dove portavano le entrate offensive del Berna. A trovarle queste entrare, esagero, perché i Lions ne concedo veramente poche di pulite. Prendiamo la rete dell’1-2, arrivata dopo un’ottima copertura in balaustra ma successivo passaggio un pelo troppo sicuro: un fatto atipico, una variabile impazzita per quanto visto. Appena il Berna cercava di reagire, trovare del ritmo, veniva trafitto: enciclopedico quanto successo nel periodo centrale, dove con nove tiri lo Zurigo ha trovato tre reti. Un periodo che ha dominato non giocando a livello offensivo, controllando la gara come un burattinaio. É forte questo Zurigo, dannatamente forte, forte in modo dannato.

Sull’1-6 dopo 40′ era insensato continuare a guardare lo spettacolo. Si era capito, lo si era apprezzato e via con la prossima. Il terzo drittel sará stata una passerella di noia, nemmeno cerco.

ICE / Torbidi pensieri da prima stagionale

Se mi avessero fermato per strada e detto che le italiane, alla prima stagionale in ICE, avrebbero guadagnato un totale di ventuno superioritá numeriche, beh, avrei prodotto fragorose risate. Se avessero continuato con il discorso ed affermato che, di quelle ventuno, solamente una sarebbe andata in porto sarei tornato con i piedi per terra, sazio di sapere che non era tutto un sogno. Non tanto per il fatto che le italiane siano da obitorio, figuriamoci, ma contando che due delle tre avversarie hanno la nomea di squadre da media/alta classifica la visione del futuro sarebbe stata alquanto atipica. È successo, veramente, tutto, cosí, de botte e senza senso.

A livello prettamente statistico si tratta di un piú che esaltante 4,76%, dove l’unica rete è stata siglata dal Val Pusteria. La stessa squadra che, da questa prima giornata, è riuscita ad uscirne con note positive, almeno per quanto riguarda il risultato. Con i favori del pronostico, dopotutto a Brunico hanno messo in piedi una buona squadra e contro avevano forse la squadra materasso per eccellenza in discesa dal Vorerlberg, il risultato parla di un match regolato con un empty net. Opinioni da tabellino, quindi inutili, come sarebbe facile scherzare sul pessimo risultato portato dal Bolzano in quel di Innsbruck. Si osservano certi risultati, si presentano risate da oratorio scordandosi che da quella parte, quasi sicuramente, ci passerai pure te nel prossimo futuro. Non si sono viste le partite, non si possono produrre scritti sensati, a differenza della prima dell’Asiago. Seduto nel solito posto, con una birra in mano ed un panino nell’altra, si è vista una squadra che non ha ancora la piú pallida idea di come trovare ritmo con questo core. La cosa che piú ha stupito, per quanto possa valere una prima giornata di campionato, è stata la mancanza di una vera e propria figura che impostasse il gioco. O si crede fermamente in Randy Gazzola per costruire gioco da dietro, ma il giocatore non potrá mai offrire uno status di garanzia totale e con costanza, oppure deve esserci un centro di qualitá che si prende una grossa responsabilitá di girare ad alti livelli con la sua linea sul ghiaccio. Non si è visto nulla di tutto ció, quindi con degli ungheresi nervosi ma pur sempre organizzati il risultato non poteva assolutamente arrivare. Difficile quantificare i passaggi sbagliati prodotti dai giallorossi, peró contando che si tratta di una semplice prima giornata proviamo a nascondere tutto sotto il tappeto e via con la prossima. Il tappeto del Bolzano dovrá essere piú spesso, contando anche quanto visto in pre-season.

Torpiloquio in vista della nuova stagione di ICE

Con l’avvento della stagione 2023/24, questo inutile ed infimo blog vuole diventare più diretto, meno pensato, veloce. Per questo, senza alcun fine veramente bellico, vuole dichiarare guerra all’articolo perfetto, patinato e studiato, per puntare all’articolo da battaglia, scritto in pausa pranzo, rapido, battuto pure sullo schermo di uno smartphone e non solo tramite una tastiera a tavolo. Non proprio un post da social network, sia mai, comunque qualcosa di meno revisionato e magari pure senza foto. Del tipo: sticà, basta scrivere qualcosa su di una passione che merita di essere analizzata, se in fretta va lo stesso bene.

C’è da dire che si parte già male, poiché queste parole si stanno scrivendo tramite una tastiera da tavolo. Male, l’inizio potrebbe essere metà dell’opera e la partenza non è certo quella di uno che segue gli ideali appena elencati. Andiamo dritti al sodo: in questo pezzo rivoluzionario, si vuole produrre un dinamico torpiloquio sulle tre squadre italiane che disputeranno la ICE hockey league: Val Pusteria, Bolzano, Asiago. Scritte con un ordine di conoscenza, diciamo così, quindi non proprio a caso.

Val Pusteria

Di questa nuova composizione non si è visto nulla, non c’è stato modo di vedere alcun cambio del roster guidato da Tomek Valtonen. Dopo il disastro attuato con Stefan Mair, forse più per non visione in prospettiva che effettivi demeriti dell’allenatore in questione, viene da pensare che al finlandese si voglia dare fiducia con un mercato estivo fatto a suo nome. Tanti nomi gustosi: cambiati completamente gli stranieri in attacco, con nomi d’esperienza e di un’importante caratura; alcuni nuovi import difensivi ruvidi, massicci, con carattere, esperienza e la solita componente scandinava che ormai fa parte dell’intonaco all’Intercable Arena. Se pensate, un concetto completamente differente rispetto a quello della passata estate: il famoso e distrutto Aaron Luchuk è un classe 1997, quest’anno ben sei nuovi arrivi sono classe ’90 o precedente. Però, come detto in precedenza, di questi gialloneri non si è visto nulla quindi chiudiamola qua. Ci ritroveremo, sicuramente ne riparleremo.

Bolzano

Completa onestà: qui dicono tutti che puntano al ritorno in finale, con conseguente vittoria, però a pelle non offre per nulla questa sensazione. Per carità, importanti gli import acquistati ed un Blake Parlett che in ICE potrebbe fare reparto da solo, ma non sembra avere lo stesso amalgama dell’estate scorsa. Lieti di sbagliarsi. Visionati nella prima uscita di CHL in quel di Mannheim, con una gara giocata in difesa non hanno potuto non essere i beniamini degli spettatori: così è e sarà sempre, perché si simpatizza per chi si chiude, cerca pertugi, tira su una torretta difesa con estrema cura. Per 20′ sono stati in grado di portarla dalla loro, offrendo un’ottima sensazione, ma alla lunga sono calati, anche per via di alcune nuove regole della competizione, affondando ma senza annegare. Prima linea offensiva collaudata, con Halmo vicino a Gazley e McClure, mentre la seconda ha dato l’impressione di essere un vero e proprio cantiere aperto, con Ford al centro per la prima volta tra Lessio e Thomas. Squadra che andrà alla ricerca di tempo per trovare l’amalgama, infatti la seconda e disastrosa uscita in CHL al Palaonda ha dato alcune e pessime risposte. Da capire che tipo di gioco offrirà Niklas Sundblad, campione DEL come head coach nel 2014 e fermo nella stagione scorsa, perché la partita in trincea di Maanheim non può e non deve essere presa come campione.

Asiago

Dopo il buco nell’acqua di Adam Mascherin della passata stagione, i giallorossi aumentano la puntata nel banco: Warner, Gennaro e Rapuzzi. Tutti giocatori che, teoricamente ed in situazioni normali, non sarebbero dovuti arrivare nell’Altopiano veneto: uno giocava in AHL prima di perdere il senno e fare il pugile; il secondo dodici mesi fa approdava in KHL, prima di girare una parte di Europa alla ricerca di ispirazione; il terzo, senza un importante infortunio, forse sarebbe ancora in Slovacchia a dettare legge. Nel corso degli anni, l’Asiago c’ha abituato a questi colpi che cercano di rivitalizzare carriere, esagerando nel concetto che si vuole fare passare. Visto in tutte e tre le amichevoli disputate, anche se contro avversari inferiori, ha offerto una chiara e precisa visuale: preoccupante in difesa pure contro avversari del genere, possibile bomba ad orologeria offensiva se riesce a trovare le giuste marce del mezzo. Nicholas Porco potrebbe rivelarsi il vero e proprio acquisto dopo l’infortunio della passata stagione, il classe 2001 ha mostrato molto dinamismo in queste uscite. Tanti stranieri, in attacco possono comporre ben tre linee, si presume che la difesa resterà in piedi e non farà brutta figura solo se l’attacco girerà sempre a marce alte. Difficile capire dove vogliono andare, forse riproporre lo schema Innsbruck e fare sempre una rete in più dell’avversario. Lanciamo una domanda: quando andranno sul mercato per mettere delle toppe in difesa?

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