Buffalo e mozzarelle, turca all’istante

Volevo scrivere qualcosa riguardante qualche campionato europeo, quelle notizie di contorno del Vecchio Continente che interessano a quattro scappati di casa e poco più. Niente, non mi è stato possibile, poiché sono completamente preso da quello che accade oltreoceano. La routine è sempre la solita: mi sveglio, guardo Eliteprospects al fine di trovare qualche strano movimento in suolo amico e poi, anche se qualcosa è accaduto, approdo con il mio shuttle dell’innocenza nell’app della NHL e non ci esco più. Il tempo è limitato, la sveglia suona alle 6:09 ed il tempo a disposizione, per questi contorni di giornata, dura fino alle 6:50. Stop, niente di più fino a pranzo. Quindi, complice anche il disorientamento di inizio giornata, prendo l’appiglio più sicuro, scontato, gradevole a primo impatto. Come quelli che vanno a boschi di notte pur sapendo di andare in pasto al pericolo, alle volte effettuo scelte discutibili, di impercettibile giudizio sensato, come iniziare a guardare un Blackhawks vs Sabres alle 6:17 di un martedì mattina dopo aver messo sul pentolino dell’acqua calda. Il sole fatica ad uscire, il suono di gatti in calore si mischia regolarmente a quello di lame che tagliano il ghiaccio.

In passato mi chiedevo perché perdevo tempo a seguire determinate realtà, come se fosse un problema quello che facevo. Con il passare delle primavere, sarà anche la consapevolezza che si insinua dentro di te con l’avanzare dell’età, ho cambiato domanda: “Per quale motivo non lo fate pure voi”? Ci vuole pazienza e dedizione, vero, oltre a tanta pace interiore ed un’ottima sopportazione al pisolino, però il succo è sempre il solito: se vuoi capire perché quello o questo fa così schifo, devi osservarlo, capirlo, essere in grado di crearti un bagaglio di ricordi su quel determinato contesto. Con Blackhawks vs Sabres è stato difficile, il bagaglio l’avrei voluto buttare dalla finestra in più di un’occasione. Partita al limite della bestemmia, sia per (non pervenuta) tensione che per (non pervenuta) intensità, dove nemmeno i punti di contorno sono stati in grado di catturare l’attenzione: un Kurashev che sembra aver trovato una via, un Bedard che sembra di essere al Grande Fratello da quanto te lo fanno seguire, un Dahlin sempre bello da vedere, il mini Benson che c’è ma allo stesso tempo non c’è. Così, in due giorni di completa dedizione nei momenti morti delle giornate, sono stato in grado di portare a compimento il match in questione. Cosa mi è rimasto? Tante cose brutte di cui non vorrei parlare, forse solo con la presenza di uno psichiatra potrei affrontare il tema. Quella che mi ha maggiormente impressionato è stata la completa assenza di pathos, interesse nel giocare ad un ritmo quantomeno degno. Ancora più di Chicago, una franchigia allo sbando e consapevolmente senza ancora una vera strada da seguire, sono rimasto stranito da Buffalo: spenta, a velocità rallentata, senza alcun tipo di interesse di mettere le mani sulla gara. E’ stata una partita che non consiglierei di recuperare nemmeno a Jason Voorhees se fossi Freddy Krueger.

Lascio con questo dato: Chicago, dopo questa partita, continua ad essere la squadra che ha tirato di meno in porta in tutta la lega. 422 in totale, dietro ai Capitals con 436 e Sharks con 446.

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